venerdì 27 febbraio 2004

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Amarcord



Motore dal rombo cupo, sicuro, la pesantezza del telaio, il  sellino vasto, il manubrio robusto, una spranga d'acciaio quasi, una silhouette sobria quanto solida: ecco cosa era, è, sarà sempre la moto Guzzi, vanto motoristico italiano nato a Mandello Lario, in riva al lago di Como. Trenta anni passati su quel bisonte d'acciaio non sono pochi così come indimenticabili sono i momenti di libertà vissutici insieme, correre contro il tempo e il vento, magari con qualche pulzella che si abbracciava forte forte, mentre i pistoni picchiavano e stantuffavano sodo.
[Paolo Zaccagnini Il Messaggero - di ieri]


Me la ricordo anch'io, la moto Guzzi del babbo, anni quaranta, in tre (o 4?) sopra, per la via dei Guazzi, tra Ponte a Poppi e Soci, bivio per Farneta (quella delle Novelle della Nonna), su verso Lierna e Camaldoli. Il volano! Un disco cilindrico esterno, di acciaio lucido che dava il ritmo ai pistoni; quanto pagherei per risentirlo, quel motore.La foto della moto con quel cilindro d'acciaio mi richiama il rumore del motore - quello non accelerato, in folle - e mi ricrea un turbinio emozionale, tipo quello che, con i suoi mezzi espressivi, rappresenta Proust all'inizio della Ricerca, quando assaggiando un dolce, la maddalena, si sente trasumanare e viene portato indietro dalla macchina del tempo. Forte.(Barbabianca, inedito)


PS. Se apri qui la foto dovresti vedere il cilindro bianco con bordo argentato davanti al piede del centauro.


Per le Novelle della nonna vedi anche qui.


 

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