mercoledì 21 aprile 2004

Lessico e sangue...


Lessico e sangue



E' morto da eroe


(il Presidente del Senato al tg toscano, 19 aprile, ore 19,40 in riferimento a Quattrocchi).


Come morti da eroi sono i 19 di Nassijrya.
Perché chiamarli così?


Cambio la domanda:
Per chi è importante chiamarli così?
Forse per le famiglie? domandare a loro.
Forse per loro? è tardi.
Sicuramente per chi ce li ha mandati.
Infatti dichiarandoli eroi si dà per scontato che hanno compiuto un'azione giusta, meritevole e legale; come naturalmente giusta, meritevole e legale è stata la decisione di mandarli là a fare quella cosa.
Come si potrebbe dare il titolo di eroe a chi stava compiendo un'azione anche semplicemente illegittima?
Dunque beato quel governo che non ha bisogno di fabbricarsi gli eroi per giustificare le sue decisioni sbagliate, beati quei cittadini che non hanno bisogno di eroi per coprire i loro sensi di colpa, beate quelle famiglie che rifiutano i funerali di stato, "beati i pacifici perché possederanno la terra" senza bisogno d'andare in guerra, beata la Costituzione Italiana che ci impone di "ripudiare" la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.


Pezza d'appoggio a quanto sopra.


L'antieroe che viene dal vuoto
Alla morte di Fabrizio Quattrocchi si addice la pietas che si deve a una morte, a ogni morte, orrenda e ingiusta, con quel tanto di lenimento che il dolore e l'orrore possono trarre dal comportamento di una vittima non sottomessa alle ingiunzioni dei suoi aguzzini. L'eroismo invece non solo non le rende maggiore merito, ma le fa violenza una seconda volta. Non sappiamo con quali sentimenti e quali intenti, lavoro e guadagno a parte, egli fosse lì, né con quale contezza della situazione di guerra e non di peacekeeping avesse accettato d'andarci.
[Ida Dominijanni Il Manifesto 19.04.04]


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