mercoledì 26 maggio 2004

Il ritorno


Lunedì 24 maggio


Piove, stamani, a Djerba! Gioia dei nativi, meno dei turisti. Piove sui cammelli e sui cavalli, sulle pecore e sulle capre, sulle piante del giardino, sui cespugli inariditi, su uccellini e formiche…Profumo di polvere spenta.


Ma tutto è già finito.


Alle 15,30 decolliamo dall’aereoporto di Djerba, con un ritardo di mezzora: due lunghe file di passeggeri al check in. Son contento per questa gente che vive tutto e solo di turismo, che ti ringrazia di poterti servire ed esserti utile.


Due ore due di volo e siamo a Verona. Con Simone, dal finestrino abbiamo visto nitidissimi il Giglio e poi l’Abetone e il Cimone ancora innevati, di più l’Abetone, con le piste di Zeno ancora innevate. Forte.


Ritirate le valigie e superato il controllo, troviamo subito l’autobus navetta che, 4 euro, ti porta in 15 minuti alla stazione di Porta Nuova. C’è un Eurostar in ritardo che arriverà a minuti; alla biglietteria una fila lunghissima; addio speranze perdute; ma c’è Simome, computer programmer, che mentre Paola guarda le valigie e Stigli fa la fila, con pochi tocchi magici estrae dal distributore automatico 3 biglietti con prenotazione, totale 60 euro, e via al binario 8. E’ fatta. Tre ore fa eravamo sul deserto, adesso corriamo su una campagna verde, sotto un cielo azzurro completamente terso, temperatura 22 gradi: da Verona a Mantova e Bologna risaie, frutteti, maggesi nel verde più bello che avessi mai visto; trionfo della primavera nel frattempo arrivata e del lavoro umano: bella italia amate sponde pur vi torno a riveder…Capisco perché Augusto assegnò queste terre ai suoi veterani e perché Virgilio rischiò la vita nel tentativo di opporsi al centurione che gli stava prendendo il suo campicello. Il viaggio di terra dura esattamente due ore come quello fatto in cielo. Alle 8,45 siamo in S.Maria Novella. A pranzo a Djerba, a cena a Firenze. Penso a quel destrorso di Marco Porcio Catone quando smanettava in Senato con un cesto di fichi freschi provenienti da Cartagine, e bestemmiava in latino “Carthago delenda est”. Tiro fuori la bottiglia d’acqua minerale regalatami (all inclusive) dal barista del Karthago e ne bevo un lungo sorso: ancora fresca. Alla Salute, Marco Porcio.


La storia non finisce qui. Devo dir qualcosa sulla parte più bella del viaggio: l’incontro col deserto, esperienza non vissuta prima. Salaam.


 

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