giovedì 6 gennaio 2005

 
LA FEDE DEI LAICI
estratto da La Repubblica del 2 gennaio 2005

 L’articolo in oggetto chiude il dibattito sul laicismo aperto da Eugenio Scalfari su “La Repubblica” del 7 novembre 2004 con il suo fondo “Perché non possiamo non dirci laici”.

Al dibattito hanno partecipato: Stefano Rodotà (La Repubblica del 9 novembre 2004), Pietro Scoppola (10 novembre), Andrea Manzella (15 novembre), Mario Pirani (16 novembre), Ralf Dahrendorf (18 novembre), Arrigo Levi (23 novembre), Andrea Riccardi (29 novembre), Jean Daniel (3 dicembre), Giuliano Amato (9 dicembre), Giancarlo Cesana (28 dicembre) e Predrag Matvejevic (29 dicembre).

Nel suo articolo conclusivo Eugenio Scalfari di sofferma in particolare sul tema del nichilismo, da cui nasce la “crisi della modernità”. Il nichilismo è la negazione di ogni verità assoluta e pertanto non va confuso – come talvolta si legge - con il relativismo, che tende a raggiungere la verità assoluta attraverso il graduale processo cognitivo della scienza. La verità assoluta è invece un dogma per i credenti: tutte le grandi religioni monoteiste hanno le proprie verità assolute, scritte nei libri sacri e nelle parole dei fondatori e dei profeti.

Altrettanto dicasi per i concetti di laicità e laicismo: la laicità appartiene sia ai credenti che ai non credenti e distingue tutti coloro che aderiscono e praticano la distinzione tra spirito religioso e attività politica, il laicismo è la “fede civile” dei non credenti che contiene ma non si esaurisce nella laicità. 

Sul piano della morale e del diritto naturale, i credenti si ispirano alle verità "assolute" (comandamenti) della loro fede, i laici non credenti a concetti “relativi”, variabili cioè secondo i luoghi, le epoche, le conoscenze raggiunte, i costumi e sopratutto la propria coscienza individuale.

Conclude così Scalfari:

“L’incontro sulla morale è certamente il terreno fertile per un dialogo del genere, ma presuppone una religione che non continui a porsi come la sola depositaria d’una verità assoluta. Il relativismo non è nichilismo, al contrario. Il relativismo comporta un impegno continuo e responsabile sulle verità morali di volta in volta valide nell’epoca e nel luogo. Verità assolute nel luogo e nell’epoca, ma variabili secondo i mutamenti d’epoca e di luogo. Nulla di meno di questo ma anche nulla di più.”

 Cordiali saluti
Giampietro Sestini

Nota di Barbabianca: Condivido ovviamente il punto di vista laico, accetto di essere un relativista, ma non posso accettare che il termine credente rimanga appannaggio dei dogmatici. Credenti siamo di qua e di là dallo spiovente ideologico. Scalfari usa il termine credente unicamente nel senso "credente nelle verità assolute scritte nei libri sacri e nelle parole dei fondatori e dei profeti".  E tutti, dico tutti, usiamo questo registro scalfariano.
Butto là una proposta: credenti dogmatici gli attuali credenti, credenti laici, gli attuali non credenti.

Vediamo come verrebbe il discorso di Scalfari:

a -La verità assoluta è invece un dogma per i credenti dogmatici.

b - Altrettanto dicasi per i concetti di laicità e laicismo: la laicità appartiene sia ai credenti dogmatici  che ai credenti laici e distingue tutti coloro che aderiscono e praticano la distinzione tra spirito religioso e attività politica, il laicismo è la “fede civile” dei credenti laici che contiene ma non si esaurisce nella laicità. 

In a - e in b - la nuova dizione crea due tautologie (come uno che si urina addosso, per spiegarsi).

Un'altra versione potrebbe essere: credenti religiosi e credenti civili.

Altre indicazioni?

Nel frattempo riflettiamo su quanto dice Philip Dick: chi si appropria di un vocabolo diviene padrone di coloro che sono obbligati ad usarlo.
Sembra uno scherzo.

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