martedì 26 aprile 2005

Calendario laico

David Hume

 

Edimburgo

26 aprile 1711

25 agosto 1776



Sul suicidio

Che cosa significa dunque l’opinione che un uomo, il quale, stanco della vita e perseguitato dai dolori e dalle miserie, vinca coraggiosamente i terrori naturali della morte ed esca da questa scena crudele; che tale uomo, dico, incorra nell’indignazione del Creatore per aver violato l’opera della provvidenza e turbato l’ordine dell’universo? Affermare questo è affermare il falso; la vita degli uomini è soggetta alle stesse leggi cui è soggetta la vita di tutti gli altri animali; e tutte queste esistenze sono soggette alle leggi generali della natura e del moto.[...] Per l’universo la vita di un uomo non è più importante di quella di un’ostrica. E se anche fosse molto importante, l’ordine della natura umana l’ha sottoposta alla prudenza umana, e ci costringe a prendere decisioni in ogni circostanza.

(D. Hume, Sul suicidio, in Opere, a cura di E. Lecaldano, Laterza, Roma-Bari, 1987, vol. III, p. 588-590)



MORALE

In ambito morale, Hume nega il libero arbitrio. La libertà è sempre condizionata da una rete complessa di fattori empiricamente determinabili. E anche la semplice spontaneità, vale a dire la non coazione esterna, è comunque determinata, anche se da motivi interni anziché esterni. Le motivazioni principali delle azioni umane non sono di ordine razionale. La "ragione" non guida la nostra volontà, e la presunta "razionalità" dei nostri comportamenti si può misurare solo in rapporto alla utilità dei loro effetti, alla loro efficacia rispetto a certi scopi, il principale dei quali è il piacere. L’uomo agisce spinto dall’egoismo, dal risentimento per le offese, dalla passione sessuale. Di fronte ad esse c’è solo la simpatia che ci fa percepire il piacere o, più astrattamente, il bene altrui come parti integranti e indissolubili del nostro stesso piacere, del nostro stesso bene. La simpatia è l’unica forza che ci consenta di uscire dal nostro egoismo.

Le regole della giustizia debbono la loro origine all’utilità che hanno per la società. E l’utilità sociale è a fondamento anche della massima virtù politica, l’obbedienza. L’uomo non può rimanere indifferente al benessere dei suoi simili, dunque considera bene ciò che promuove la felicità dei suoi simili e male il contrario. Il benessere e la felicità individuali, comunque, sono strettamente legati al benessere e alla felicità collettivi. La morale, dice Hume, deve togliersi "l’abito del lutto" con cui l’hanno rivestita, mentre il suo fine deve appunto essere quello di rendere felici gli uomini nella loro vita.


POLITICA

In ambito politico, Hume critica la teoria del contratto originario ed anche quella della obbedienza passiva. La prima teoria è smentita dal fatto che l’egoismo dell’individuo non viene meno col passaggio dalla stato selvaggio allo stato civile, in cui i diritti fondamentali siano pur collettivamente riconosciuti e garantiti : anche in questa condizione l’uomo tende comunque a prevaricare sugli altri. La seconda teoria è smentita dalla storia stessa che rivela, insieme al gioco delle passioni di parte, la forza d’azione delle masse, che pure appare, il più delle volte, meramente distruttiva. Quasi tutti i governi sono stati fondati o sulla usurpazione o sulla conquista o entrambe., senza alcuna pretesa al consenso o alla volontaria soggezione da parte del popolo.


RELIGIONE

l’uomo è portato ad attribuire a cause segrete e sconosciute i beni di cui gode e i mali da cui è afflitto. La varietà delle vicende lo fa pensare a cause diverse del mondo : il politeismo è all’origine di ogni religione. A concepire poi la divinità come infinita e perfetta, gli uomini sono condotti dal bisogno di adularla per tenersela buona. "Il tutto – conclude Hume – è un indovinello, un enigma, un mistero inesplicabile. Dubbio, incertezza, sospensione di giudizio sembrano i soli risultati delle nostre più accurate indagini".



L’opera forse più nota di Hume
è il Trattato sulla natura umana (Londra 1739)


Trovato qui


 

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