giovedì 21 aprile 2005

Considerazioni.



Prima accennavo a dei sentiment che spesso non esprimiamo, ragionando sui fatti intrinseci e non su come li coloriamo. Io, se dovessi esprimere il mio a caldo direi che ci manca stupore. Nessuno si stupisce più quando ci raccontano una classe dirigente che adotta in maniera ormai palese e spudorata delle logiche di scambio alla Cencelli Reloaded. Nessuo si stupisce più se persino i più autorevoli quotidiani italiani ci raccontano una classe politica sotto forma di macchiette. Nessuno si stupisce più di tante cose.



Molto, secondo me, dipende dal fatto che da sempre potevamo solo lamentarci al bar ("Piove sempre governo ladro") e fare chiacchiere locali senza vero confronto o valore. Oggi, forse, potremmo imparare di nuovo a stupirci, a raccontarci il mondo che vogliamo e il modo come lo vediamo. Gli strumenti io li vedo e possiamo farli crescere "noi", senza troppi alibi.



Ci serve, forse, un nuovo linguaggio sociale, un nuovo modo di sentire la partecipazione. Un po' di fiducia che ci autorizzi (con noi stessi prima di tutto, non facendoci sentire ingenui e retorici) a pretendere da chi ci governa una visione politica che disegni una società costruita su problemi che vanno oltre la punta del naso e l'accrocco congiunturale.



Ci serve forse un po' di voglia di fare. Un po' di voglia di ricominciare a credere che le cose possano andare diversamente. Se non ci crediamo noi per primi, come possiamo mai pretendere che lo faccia chi crede di interpretare la nostra volontà come gli pare?


Quello che viene prima lo trovi qui

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