venerdì 16 settembre 2005

11 settembre ( 2005, non confondiamo)


all'isola di Montecristo. Prima cosa la sveglia alle 4 del mattino. Il cellulare te la dà anche da spento e la ripete finché non ti sei alzato. In effetti fare tutto in giornata non è da poco. La corriera si muove da Bibbiena alle 5. Un quarto d'ora di ritardo per la signora ritardataria rientra nel calcolo delle probabilità. L'arrivo a Porto S.Stefano poco dopo le otto. Il tempo è sul variabile con previsioni di miglioramento, come poi è stato. Dicendo poi si intende che la traversata di quasi 3 ore da P.S.Stefano a Montecristo è stata animata da mare un po' mosso sufficiente per obbligare cinque o sei dei settanta viaggiatori a ricorrere all'aiuto del sacchettino d'emergenza. L'emergenza ha toccato fasce d'età lontane dalla mia, e questo non mi è dispiaciuto. Purtroppo è toccata anche alla Marisa, grande ed efficiente responsabile del gruppo. Così, cara Marisa, ti sei zittita per 10 minuti, vero Piero?  L'isola di Montecristo dal 1971 è zona off limits, non per la presenza di una base nato, o per sospetto covo di terroristi islamici risalenti al tempo dei mori, non si sa mai,  ma perché dichiarata riserva naturale integrale "biogenetica". Insomma come Sassofratino nel Parco delle Foreste Casentinesi. Sono, mi dicono le uniche due riserve naturali a conservazione integrale, ed è proprio  questa "parentela" che ha facilitato la pratica dei permessi e autorizzazioni varie, ivi compresa la visita guidata da due guardie forestali appositamente inviate, le stesse, non per caso, che fanno servizio nel parco delle Foreste Casentinesi. Cosa vuol dire il Casentino. Su Montecristo poco da dire: è brulla e libera dagli umani, in buona compagnia con vipere e topi. Ma di giorno non si muovono, perché han paura del verbale. Avvistate in lontananza tre quattro capre. Per me l'impressione più acuta è stata olfattiva: un profumo d'arnica più, come dire, specifico, allo stato puro. La visita, per la verità, è stata piuttosto affrettata; solo mezzora di camminata invece dell'ora e mezzo promessa o sperata, non ricordo. Affido il resto a qualche foto.
La traversata di ritorno è stata allietata dal miglioramento delle condizioni del mare e dalla sosta all'Isola del Giglio, bella della bellezza di un fresco pomeriggio settembrino, con passeggiata mia e di Paola fino alle Cannelle, dopo aver attraversato le stradine di Giglio Porto. "Bisogna ritornare un po' di più al mare..." La gradita sorpresa è stato il pranzo "a base di pesce" come da programma, fatto a bordo della motonave, capocuoco il Capitano che ci ha preparato un risotto di mare davvero eccellente, seguito da vassoiate di cozze con qualche scampo; il tutto accompagnato da acqua minerale gassata e naturale più due bottiglie - su sei persone - di bianco di Pitigliano. Tutto questo all'ancora di Giglio Porto, intorno alle ore 15, il che fa capire che non mancava quello che si dice il miglior companatico, l'appetito.  Peccato mi manca la foto dei due pentoloni bollenti rimestati con mani esperte dal Capitano-cuoco, acclamato da tutti i settanta convitati.
Belle le nubi estive e i zefiri sereni con le striature di colori rosarossi sulla laguna di Orbetello, quando siamo sul pulman del Minnelli, direzione Siena, Arezzo, Bibbiena, Poppi.
Allego, per concludere, due note di ipertesto:

... dal 1971 Montecristo è una Riserva Naturale Statale Biogenetica, off limits per chi vuole visitarla, se non viene fatta una ben precisa richiesta all’Ente competente: solo un migliaio di visitatori l’anno hanno il privilegio di sbarcarvi, con visite guidate motivate da ragioni scientifiche o di studio, che non possono superare le poche ore di permanenza.
Ormai su Montecristo resta ben poco da tutelare, ma tant’è. La foresta di lecci che ricopriva anticamente l’isola è scomparsa da diversi secoli, sostituita dagli arbusti di ailanto, pianta infestante originaria dell’Asia Minore, introdotta dall’uomo e fra le poche specie arboree non intaccate dalle capre selvatiche, che lasciano crescere ben poco della flora originaria.
Ora a Montecristo vivono Goffredo e Carmen Benelli, maremmani di origine, ma già pescatori a Capo Verde, trasferiti nell’isola toscana nel 2002.
Vivono con la sola compagnia di due guardie forestali, che si alternano due volte al mese, ma per loro la solitudine non è un problema, bensì un vero e proprio privilegio, un’isola esclusiva tutta per loro in cambio della manutenzione della Villa, del Museo Naturalistico, della flora e dei turni di guardia nella Riserva Naturale
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2 commenti:

  1. wow!

    ci sono stata solo pochi giorni fa ... esattamente il sabato successivo alla tua visita ...

    Ed è così!

    Un abbraccio!

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  2. Grazie dell'abbraccio. Ti metto una bella poesia di Montale nel tuo blog.



    Al tuo amore per il mare dedico questi passi di un grande scrittore che il mare lo ha vissuto a fondo.



    Le stelle spuntarono innumerevoli nella notte chiara e riempirono tutta la volta del cielo. Scintillarono come cose vive sul mare e avvolsero tutt'intorno nella sua corsa la nave, più penetranti degli occhi fissi di una folla attenta ed imperscrutabile come sguardi umani.



    La traversata era cominciata e la nave, come un frammento staccato dalla terra, correva solitaria e rapida come un piccolo pianeta. Intorno ad essa gli abissi del cielo e del mare si univano in una irraggiungibile barriera. Una grande solitudine sembrava avanzare tutt'intorno con la nave, sempre mutevole e sempre eguale ed eternamente monotona ed imponente. Di tanto in tanto un'altra vela bianca errante carica di vite umane appariva lontano e spariva diretta verso il suo destino. Il sole dardeggiava la nave coi suoi raggi tutto il giorno e ogni mattina riapriva su di essa il rotondo occhio ardente pieno di curiosità insoddisfatta. Essa aveva il suo destino, viveva della vita di quegli esseri che si muovevano sopra i suoi ponti e come la terra che l'aveva confidata al mare trasportava un intollerabile carico di speranze e di rimpianti. Nel suo seno vivevano la verità timida e la menzogna audace; e come la terra essa era inconscia, bella a vedere e condannata dagli uomini ad un ignobile fato. L'augusta solitudine del suo cammino conferiva dignità al meschino scopo del suo pellegrinaggio. Essa filava schiumeggiando verso il sud come guidata dal coraggio di un'alta impresa. La ridente immensità del mare rimpiccoliva la misura del tempo. I giorni volavano uno dietro l'altro rapidi e luminosi come il guizzare di un faro, le notti brevi e piene di avvenimenti parevano fuggevoli sogni. Gli uomini se ne stavano raggomitolati ai loro posti ed ogni mezz'ora la campana di bordo regolava la loro vita di incessante lavoro. Notte e giorno la testa e le spalle d'un marinaio si profilavano in alto a poppa contro il sole o il cielo stellato immobili sopra la mobile ruota del timone. Le facce cambiavano succedendosi l'una dopo l'altra; facce giovani, barbute, torve, serene o corrucciate; ma tutte fatte rassomiglianti dal mare che affratella, tutte con la stessa espressione attenta degli occhi fissi a scrutare la bussola o le vele.



    Joseph Conrad, 1898





    http://www.nautica.it/rapsodia/db/conrad.htm



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