venerdì 30 giugno 2006

Processo a Dante (II)


L’antefatto
Arezzo
Scena seconda
Narratore

… Nei primi giorni dell’ottobre 1301 Dante è a Roma, in ambasceria presso Bonifacio VIII. La resa dei conti tra la parte Bianca e la parte Nera è imminente. Dante, eletto priore il 13 giugno 1301, si è fortemente esposto, e in senso segnatamente antipapale: nella seduta del 19 giugno è l’unico a pronunciarsi a favore del ritiro delle truppe (cento cavalieri dislocati in Maremma) prestate in precedenza a Bonifacio, e che il Papa chiede di trattenere: “Dante Alagherii consuluit quod de servuitio faciendo pape nichil fiat”. Dante è con tutta probabilità ancora a Roma quando il 1 novembre Carlo di Valois, il falso ‘paciaro’ nominato dal Papa, entra in Firenze, e con lui rientrano, illegalmente, i capi dei Neri precedentemente banditi. Cominciano le rappresaglie: le case dei Bianchi, e anche quelle dell’Alighieri,vengono messe a sacco; comincia il regolamento dei conti contro gli esponenti del partito avverso.
Questa Firenze “golpista” dà il benservito al suo Ambasciatore a Roma con un doppio colpo, in rapida successione:
Lo choc deve essere stato terribile.
Segue la riunione di tutti i gli “sbanditi” guelfi e ghibellini al castello di Gargonza in Val di Chiana, ospiti degli Ubertini, viene costituito il Consiglio generale dei bianchi in esilio (Universitas Alborum), si corre alla frenetica ricerca di alleanze, in Mugello, a Forlì, Treviso e Verona…fino a che il papa Benedetto XI non manda il card. Niccolò da Prato come paciere in Toscana. A quel punto Dante ritorna precipitosamente ad Arezzo dov’è la sede della Parte Bianca. E’ a lui che viene affidata la stesura del documento rivolto al Cardinal Legato.
La lettera, dei primi di aprile 1304, è scritta a nome della Universitas Alborum e costituisce la notifica formale presa dai fuorusciti di rimettersi in tutto e per tutto alla mediazione del legato pontificio.
 Da Arezzo Dante segue con ansiosa speranza, poi con crescente delusione l'evolversi delle vicende. Qui ad Arezzo avviene la sua rottura coi Bianchi, non convinto com'era della validità della spedizione in Val di Mugnone. I fatti si susseguono con drammatica rapidità: l'arrivo dei delegati bianchi in Firenze, con una piccola rappresentanza d'esuli ghibellini; la pace di Santa Maria Novella, effimero tentativo di comporre un contrasto insanabile;  la riconciliazione tra il Comune e le casate degli Ubertini, dei Griffoni e dei Gherardini di parte Bianca; viaggio del cardinal paciaro a Prato e a Pistoia, congiura pratese di Corso Donati; lettera di Benedetto XI ai Fiorentini, osanna popolari ai Bianchi ma anche ad alcuni vecchi Ghibellini, tra cui Lapo nipote di Farinata degli Uberti; tumulti dei Neri e resistenza dei Cerchi e dei Cavalcanti; il cardinal paciaro costretto a suggerire a Bianchi e Ghibellini di uscire da Firenze.
Il 10 giugno i Neri appiccano il fuoco a varie case della città; lo stesso giorno il cardinale Niccolò da Prato lascia Firenze;  i Neri consolidano il loro potere in città impadronendosi di tutte le cariche pubbliche. Il gioco è fatto.
Il 13 maggio 1304 il fratello di Dante, Francesco Alighieri, con la garanzia d'un altro fiorentino, Capontozzo dei Lamberti, otteneva un prestito di dodici fiorini d'oro dallo speziale Foglione di Giobbo. Francesco teneva dimora e mercato fiorente in patria, e quindi non aveva alcuna necessità di contrarre mutui in altro luogo; evidentemente s'era recato apposta ad Arezzo per aiutare con un modesto finanziamento il suo grande congiunto, il cui nome, per quanto alto cominciasse a suonare nel campo delle lettere, poco valeva ai fini commerciali.
In tutto questo periodo Dante, coi capi della Fraternita bianca, non si mosse da Arezzo, eccellente luogo per seguire lo svolgimento dei fatti e così vicino per l’eventuale atteso ritorno in patria. Tra la fine di giugno e i primi di luglio la Universitas Alborum si consulta sul da farsi. Le discussioni sono  accanite e Dante si trova solo, o quasi solo, a combattere gli ingenui e pericolosi ottimismi dei suoi colleghi di Parte. Viene messo in minoranza, e l'Universitas decide di riprendere le ostilità scendendo in campo contro i Fiorentini "intrinseci". È questo il momento in cui Dante si distacca dalla “compagnia malvagia e scempia”, e decide di “far parte per se stesso”. Evidentemente nella foga della discussione, qualche Bianco lo avrà accusato di tradimento o di debolezza: “. La morte di Benedetto XI, il 7 luglio 1304, rende ancor più precaria e pericolosa l'iniziativa dei Bianchi. Si leva il campo. Il 19 luglio i Bianchi e i Ghibellini "apparvero sulle alture a nord della città". Il 20 luglio ha luogo la disfatta della Lastra in Val di Mugnone (che in realtà fu battaglia particolarmente combattuta entro le mura di Firenze, persino davanti a San Giovanni): Quattrocento tra Bianchi, Ghibellini e confederati di Bologna, Arezzo e Pisa cadevano sul campo di battaglia: “Di sua bestialitate il suo processo / farà la prova” …ma, poco appresso, ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.” Queste parole messe in bocca a Cacciaguida dimostrano a che livello di delusione, rabbia ed esasperazione fosse arrivato l’animo di Dante, contro i suoi stessi compagni di sventura.
Dante, rimasto solo, si rifugia presso i Conti Guidi  (1304) In Casentino.
(
continua)

Nessun commento:

Posta un commento