lunedì 19 febbraio 2007




APPUNTI di VIAGGIO
(4)

SABATO.. Siamo di nuovo in Vietnam, a Da Nang, divenuta famosa perché da qui nel 1973      decollarono gli aerei che riportavano in patria i marines americani. Siamo vicinissimi al 17° parallelo che secondo la Conferenza di Ginevra del 1954 doveva essere la sparizione temporanea tra il Vietnam del Nord e il Vietnam del sud in attesa di libere elezioni nel 1956 elezioni che non vennero mai fatte.

Nel 1858 qui sbarcò il corpo di spedizione inviato da Napoleone terzo che segnò l’inizio dell’avventura coloniale terminata nel 1952 con la sconfitta a Die Bien Fu.

 Partenza per l’antica città di Hoi An dichiarata dall’UNESCO patrimonio culturale dell’umanità. Durante il viaggio in pullman mi colpisce il grande squallore dei luoghi attraversati con quelle misere abitazioni in legno coi panni stesi che si estendono lungo la strada. Qui siamo in un’area di sottosviluppo, ma le favelas brasiliane o quei quadrati cinti di lamiera nel Marocco o le tradizionali abitazioni del Senegal mi hanno depresso meno perché là il cielo è azzurro , qui il suo grigiore dà un ulteriore tristezza al tutto. La Signora che ci fa da guida che parla in inglese tradotto dal nostro accompagnatore sta raccontando storielle di amori sorti al tempo dell’occupazione tra soldati americani e ragazze del luogo, che poi hanno lasciato ma che ora stanno venendo a ritrovare. Poi ci racconta qualcosa della storia antica del Vietnam e in particolare del regno di Champa caduto solo nel 1471 dove vigeva il matriarcato. Intanto ci dice che nel Vietnam sono arrivati a 82 milioni di abitanti, e che nascono un milione di bambini ogni anno. L’incremento naturale è del 13 per 1000,i prodotti esportati fondamentalmente sono riso ,caucciù,carbone. Il turismo è una delle risorse più incoraggiate dal governo ( ce ne eravamo accorti) La Costituzione del 1992 pur rinunciando al marxismo leninismo e riconoscendo il diritto alla proprietà privata, ribadisce il ruolo guida del partito comunista. Non vi è libertà di stampa.

 La guida ci informa che lo stato dà un premio in danaro ai vietnamiti che denunciano le persone senza fissa dimora molto frequenti in questa zona: se sono bambini o adulti vengono ospitati in comunità dove vengono educati, se sono vecchi sono ospitati in case di riposo.

Oltre al solito dono qui la guida ci offre un maialino di terracotta , dato che a metà febbraio si celebra il capodanno cinese, e quest’anno si passa dal segno del cane a quello del maiale. Ora ci stiamo imbarcando su una barca che ci porterà lungo il fiume ad un centro per la produzione della ceramica. Su questa barca vivo per la prima volta l’oriente come me lo ero immaginato prima della globalizzazione. Barche da pesca in lontananza con le reti spiegate. Poi ne vengono alcune vicino alla nostra barca, si esibiscono nel lancio della rete, vogliono la mancia. Quando si sbarca al villaggio mi meraviglio di quello che sto vedendo: stradine sterrate, sabbia e polvere che entrano da per tutto, qualche uomo e donna che lavorano nell’arte della ceramica che poi viene laccata, e soprattutto un gruppo di ragazzine che ti assalgono per venderti ad 1 € i soliti maialini laccati in rosso. Lo stesso sconforto che mi prese in Egitto nel 1980 quando eravamo assaliti dai bambini che chiedevano il bashish. L’unica visione piacevole quella di due canini belli grassi. Anche nelle persone non c’è alcun segno di denutrizione. Mi avevano detto che in Vietnam come in Cina si mangia la carne di cane oltre a quella di serpente , ma la guida interpellata dice che solo ad Ha Noi si usa mangiarla. Sono contenta per i miei canini.

 Si passa attraverso il mercato del pesce e poi si visita una manifattura serica dove delle ragazze molto ordinate stanno ricamando dei quadrati di stoffa che possono poi essere incorniciati. Si sale nella stanza superiore dove vi è l’allevamento dei bachi da seta. Pochi a dir la verità, devono essere tenuti per la curiosità dei turisti

Si arriva all’antica città che si snoda su tre strade parallele al fiume. Ci fanno visitare una casa    tipica, in legno, a due piani ,lunga e stretta che va da una strada e l’altra. Nella prima stanza vi sono le immagini degli antenati (siamo già alla nona generazione), poi si passa in un salotto. Tutti i mobili finemente intarsiati sono neri. Si arriva poi al cortile che ci ricorda l’impluvium delle case romane, infine il magazzino o il negozio che arriva sull’altra strada. Le camere da letto si devono trovare al piano superiore da cui scende la padrona . Purtroppo il fiume spesso straripa e bisogna trasportare tutto più lontano . L’elaborata struttura dei tetti denota la compresenza di elementi cinesi e giapponesi. Anche qui si parla di ricerca di un’armonia di Yn e Yang, ma di questo la guida locale non ce ne parla, lo leggo sulla guida del TCI. Meno male , si vede che ha una mentalità razionale.

Poi passiamo a vedere il tempio cantonese dedicato al generale cinese Quan Cong, fondato nel 1786. Un bel dragone in mosaico di ceramica   orna la fontana delle tartarughe: il tutto è veramente molto suggestivo. Mi ricorda il culto degli eroi e degli antenati, tanto diffuso nell’Estremo Oriente, soprattutto in Giappone. Ma anche nel mondo latino vi era in casa il culto dei Penati. Si vede che questo è un’espressione della psiche umana alla ricerca di qualcosa che dia la continuità tra il passato, il presente e il futuro.

 Si arriva al ponte giapponese passaggio coperto lungo 20 metri costruito nel XVI secolo per collegare il distretto giapponese con quello cinese, perché Hoi An vuole proprio essere l’esempio di una città multietnica del passato. Ora nelle due strade alla destra e alla sinistra del ponte si trovano dei negozi,abbastanza carini. Nella parte giapponese si hanno delle gallerie d’arte, ma nessuno dei quadri esposti mi dice qualcosa, forse perché i colori sono troppo accesi a formare una sorta di ibrido tra la pittura di Gaugin e la pittura di ispirazione locale. 

Dopo essere risaliti in pullman si va a visitare una fabbrica di sculture in marmo, molto grande. Ad un lato Luciano nota una lussuosa automobile che deve essere del padrone.

Durante il viaggio di ritorno la guida ci parla delle istituzioni scolastiche. L’istruzione primaria è obbligatoria e gratuita e dura fino ai 10 anni di età. L’istruzione secondaria dura 7 anni: le materie più importanti sono la matematica, l’inglese, la chimica, poco la letteratura. Andare all’università costa molto e vi è una forte selezione. Lei quindici anni fa avendo studiato l’inglese optò per diventare una guida , perché le insegnanti di inglese erano pagate molto poco. Ora lei si pente della scelta fatta perché le insegnanti di inglese possono guadagnare sette volte più di prima data la grande richiesta di lezioni private. Rispetto ad altri stati asiatici il Vietnam risulta favorito avendo adottato l’alfabeto latino durante la dominazione francese. La gente ora vedendo le soap opere della Corea del Sud alla televisione vuole case moderne e cerca di far studiare i figli che se meritevoli possono avere un aiuto dallo stato.  Tutti sperano che ,studiando, i figli possano avere una vita migliore.

Circa gli insegnanti devono fare dei concorsi e lo stato decide dove dovranno insegnare , se nell’interno o su un’isola o nelle città che sono la sede più ambita. Circa il sistema sanitario questo è gratuito fino a sei (?) anni di età.

DOMENICA. Stanotte il mare è stato molto agitato, forza 8 e lo stesso stamattina. Fortunatamente noi non soffriamo il mal di mare. Io stesa sul letto perché è sempre meglio avere precauzione cerco di fare una sintesi sul Vietnam, di cui tutto sommato ho capito poco dopo quello che ci ha detto la guida ieri. Ma è uno stato socialista o lo è solo di nome? E dove sta andando? Sicuramente segue l’esempio della Cina. Cosa mi rimarrà di questa visita? Sicuramente la baia di Ha Long che mi dicono quasi superiore a Giuling in Cina, e poi le immagini delle donne vietnamite, sia delle guide, sia delle ragazze che lavorano nell’opificio della seta, sia delle studentesse vestite di bianco con la giacca a vento che sui loro motorini , col volto coperto ritornano a casa. Certo devo dimenticare le ragazzine dell’opificio della ceramica, mi ricordano troppo certe aree di sottosviluppo e di arretratezza.

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