giovedì 31 gennaio 2008

Il modello Bantustan

Il modello Bantustan

come scarafaggi in una botte


     


 ...Sharon explained at length that the Bantustan model was

the most appropriate solution to the conflict.

 Sharon si diffuse in una lunga conversazione per spiegare che

il modello dei Bantustans africani era la soluzione più appropriata

al conflitto arabo-israeliano.


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Palestinians make their way to Egypt after Palestinian gunmen blew up

a section of the border wall between the Gaza Strip and Egypt January 23, 2008.

(REUTERS/Suhaib Salem)


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A Palestinian man celebrates as heavy equipment destroys a section

of the border wall between the Gaza Strip and Egypt January 23, 2008.

(REUTERS/Ibraheem Abu Mustafa)


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Palestinians make their way to Egypt after Palestinian gunmen blew up

a section of the border wall between the Gaza Strip and Egypt, January 23, 2008.

(Mohammed Salem/Reuters)


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An Egyptian border guard, right, tries to control Palestinians crossing the border

after militants exploded the separated wall between Gaza Strip and Egypt early Wednesday,

in Rafah, southern Gaza Strip, Thursday, Jan. 24, 2008. (AP Photo/Lefteris Pitarakis)


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A general view of the destroyed border wall between the Gaza Strip and Egypt

in Rafah refugee camp. Thousands of Gazans poured into Egypt after militants set off

 at least 15 explosions along the border with the Hamas-ruled Gaza Strip.

(AFP/Mohammed Abed)


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A Palestinian sits on top of a destroyed section of the border wall between

the Gaza Strip and Egypt January 24, 2008. (REUTERS/Ibraheem Abu Mustafa)


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Palestinians carry goods as they return to the Gaza Strip after crossing into Egypt

following a series of explosions by militants along the wall between Gaza Strip and Egypt,

in Rafah, Wednesday, Jan. 23, 2008. (AP Photo/Khalil Hamra)


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Palestinians carry goods as they return to the Gaza Strip after crossing into Egypt

following a series of explosions by militants along the wall

between the Gaza Strip and Egypt, Jan. 23, 2008. (AP Photo/Khalil Hamra)


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Palestinians bring back sheep from Egypt after crossing the destroyed section

of the border wall between the Gaza Strip and Egypt January 24, 2008.

(REUTERS/Mohammed Salem)


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Palestinian children play on the collapsed concrete slabs that mark the border with Egypt,

left, as others go in and out of the Gaza Strip, right, in Rafah Thursday,

Jan. 24, 2008. (AP Photo/Eyad Baba)


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Palestinian children play on the bombed metal fence that used to separate

the Gaza Strip from Egypt in the border town of Rafah. (AFP/Mahmud Hams)


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Palestinian children play across a section of the destroyed border wall

between Rafah, in the southern Gaza Strip and Egypt, Thursday, Jan. 24, 2008.

(AP Photo/Lefteris Pitarakis)


The cunning plan

L' astuto piano


Baldrick: Ho un piano astuto che solo una volpe diplomata a Oxford...

Il punto è questo:  noi vogliamo tutta questa terra, ma non vogliamo questi arabi che ci vivono sopra. Al giorno d'oggi non puoi semplicemente schiaffar la gente nei vagoni e portarla via, bisogna usare una politica positiva che finisca con l'incoraggiare la gente a smammare.
(1)

[1] "You don't simply bundle people onto trucks and drive them away ... I prefer to advocate a more positive policy ... to create, in effect, a condition that in a positive way will induce people to leave." Ariel Sharon 1988



Quindi.... facciamo finta di voler concludere con loro, e avviamo colloqui su come arrivare alla divisione della terra. Si potrebbe chiamare... un processo di pace. Ma... E questa è davvero l'astuzia... noi siamo sicuri che i colloqui mai effettivamente riusciranno a risolvere come condividere la terra equamente [2], e noi continuiamo a prendere sempre più dei loro terreni anche mentre stiamo "negoziando" con loro riguardo alla loro partizione. [3]

(2) General Yehoshafat Harkabi (former head of IDF Intelligence); Maariv, 2 November 1973. Cited by David Hirst.

(3) Yitzhak Shamir in an interview with Joseph Harif, for Ma'ariv, 26 June 1992



E durante tutto il tempo che noi stiamo tirando avanti questi interminabili negoziati su niente in particolare, noi costruiremo muri alti e grossi e posti di blocco intorno alle loro città per tenerli chiusi; nel frattempo manderemo il nostro popolo in tutti i pezzi di territorio a cui gli arabi non possono più accedere.  E mentre il mondo cercherà di capire quel che noi vogliamo fare, noi avremo dichiarato "abbandonato"   tutto il terreno produttivo degli arabi e quindi ce lo prendiamo, e così tutte le riserve d'acqua saranno in mano nostra.  E loro saranno concentrati in riserve sovraffollate, isolate, riarse.

Naturalmente loro non saranno molto contenti di tutto ciò, magari potranno veramente essere molto arrabbiati, e anche il più docile tra loro potrà tranquillamente sognare di veder infilate tutte le nostre teste sulla punta di una picca. Ma una volta che essi siano stati chiusi dietro un muro di cemento di 25 piedi, non potranno nuocere in nessun modo. La loro sola scelta sarà di correre senza scopo avanti e indietro nelle loro città come scarafaggi in una botte, o smammare tutti insieme, che sarebbe la cosa migliore. (4)

(4)  Eitan, capo dello Staff di Israele parlando in una Commissione del Parlamento israeliano. 1983



E' il  piano più astuto  nella storia di tutti  piani astuti.

Niente...potrebbe assolutamente andar male.

Blackadder: "Baldrick, I would like to say how much I will miss your honest, friendly companionship".

Vorrei proprio dirti quanto mi mancherà la tua compagnia così onesta e amichevole.

Baldrick: "Thank you, Mr B".

Grazie Mr Blackadder.

Blackadder: "But, as we both know, it would be an utter lie.

Ma, dobbiamo ammetterlo, sarebbe la più grande carognata della storia.



Nota: per Baldrick e Blackadder (vipera nera)  v. Vikipedia.







L'operazione Bantustan



Durante la sua visita di due settimane fa  in Israele, l’ ex primo ministro italiano Massimo D'Alema ha ospitato un piccolo gruppo di israeliani-figure pubbliche ed ex diplomatici ad una cena in un Hotel di  Gerusalemme.  La conversazione rapidamente si è indirizzata verso le concilianti interviste che il primo ministro Ariel Sharon aveva dato alla stampa per le edizioni celebranti il giorno dell’Indipendenza. Uno degli israeliani presenti manifestò la sua piena adesione alla retorica pacifista di Sharon. Questo signore sosteneva che il primo ministro intende dire che la soluzione del conflitto consiste nella costituzione di uno stato palestinese a fianco di quello israeliano.

L’ex premier della sinistra italiana disse che tre o quattro anni fa aveva avuto una lunga conversazione con Sharon, che era a Roma per una breve visita. Second D’Alema, Sharon gli spiegò diffusamente che il modello Bantustan era la soluzione più appropriata per il conflitto. Il commensale difensore di Israele prontamente protestò: - Certo questa è stata una sua interpretazione personale di quello che Sharon aveva detto.”  D’Alema di rimando: - No, signore, non c’è interpretazione. Questa è una esatta citazione del vostro primo ministro.-

Una prova supplementare in supporto al racconto di D’Alema si può trovare in una lussuoso fascicolo preparato per conto del Ministro del Turismo Benny Elon, dove si auspica una soluzione con due stati: Israele e Giordania.

Sotto il titolo “La via alla guerra: un piccolo protettorato, sovrapopolato, ritagliato e smilitarizzato”, il leader del partito Moledet presenta “la mappa dello stato palestinese, in accordo con la proposta di Sharon”. La mappa di Sharon è sorprendentemente simile al piano dei protettorati in Sud Africa dei primi anni sessanta. Anche il numero dei cantoni (leggi enclaves ndr) è lo stesso: 10 nella West Bank (più uno in Gaza).  Alon Liel, già ambasciatore israeliano in Sud Africa, annota che il Sud Africa riuscì a creare solo 4 dei 10 Bantustan programmati.

Il modello Bantustan, dice Liel,  è stato il più ignobile tra tutti gli inganni messi in atto per perpetuare il regime di apartheid nella gran parte del territorio sudafricano. Dal 1986, la tensione nei Bantustans si trasformò in continue rivolte e terrore, che finirono con colpi di stato nei cosiddetti regimi indipendenti, con l’intervento del Sud Africa.

Il minuscolo sostegno che  i governi bantustan avevano goduto, evaporò, in modo che a cominciare dal gennaio 1994, essi furono  smantellati e integrati nel regno del Sudafrica a  maggioranza nera.

Nessun paese riconobbe i Bandustans né alcuno operò sorta di embargo contro il Sud Africa. Ma i vecchi leaders che avevano combattuto contro l’apartheid ricordano che i soli forestieri che avevano relazioni  con i governi Bandustans erano uomini d'affari israeliani e taiwanesi. Tanto che il permesso dato alla maggior parte dei Bandustans di aprire sedi diplomatiche a Tel Aviv fece infuriare gli americani antisegregazionisti, incluso il senatore Ted Kennedy, e alcuni congressisti ebrei del tempo.

Al pranzo offerto dal primo ministro italiano c’era anche un israeliano che per lunghi anni aveva curato le relazioni con l’Africa. Egli disse che tutte le volte che gli era capitato di incontrare Sharon, questi sempre l’aveva interrogato a lungo sulla storia dei protettorati e sulla loro strutturazione.


Un grazie con tutto il cuore a Lawrence of Cyberia


martedì 29 gennaio 2008

Lettera a Prodi



Caro Romano Prodi,

 

Abbiamo il desiderio di socializzare con te valutazioni, idee e sentimenti profondi che scaturiscono dalla collocazione nostra alla base della società dove germina da sempre l’evoluzione culturale, nei crocicchi della vita dove s’incontrano mille percorsi di creatività, in zone di frontiera dove sfumano le appartenenze escludenti e si aprono varchi verso ogni alterità compresa quella che cova inesplorata in noi stessi.

Vogliamo dirti che apprezziamo le tue scelte di trasparenza e coerenza. Questo non significa che mitizziamo la tua persona, che non vediamo le limitazioni, che condividiamo tutte le tue scelte politiche. Riteniamo però che oltre le contingenze imprimi un’orma culturale che non viene cancellata dalle alterne vicende politiche.

...

Trovata qui.



...Sì, non tutto è andato come si voleva. Sì, la gente sta male… Sì, ci siamo trovati in mezzo a guerre, così dette “missioni di pace”, sì i precari, sì gli operai che si alzano alle 5 e vedono crescere i figli quando li vanno a guardare mentre dormono, solo la sera al rientro… Sì, le pensioni fanno schifo… beh, non tutte: un importante politico intasca circa 500 mila euro l’anno… sì, non s’è mosso un dito per il conflitto d’interessi e la cancellazione delle leggi ad personam… Ma in quanti “mangioni” si saranno dati da fare perché a Prodi non si permettesse di affrontare l’argomento? Sì, sì, sì… tutto giusto. Ma che Prodi, in quel suo governo, di fatto, si trovasse come un condannato agli arresti domiciliari con manco un cane che gli portasse le arance… non l’avete mai considerato? Andavano da lui solo a imporgli, a chiedere e a ricattare. Bella gente!


Franca Rame, qui.


 L'ho già scritto e lo ripeto: il peggior governo  Prodi è sempre migliore di un governo Berlusconi. Non credo al tanto peggio tanto meglio. 

Resisti, Italia.

lunedì 28 gennaio 2008

Raccolta differenziata

Effetto Napoli




"Questo sacchetto biodegradabile può essere utilizzato per i seguenti rifiuti: frutta, verdura, carne, pesce uova, pane, pasta, riso, fondi di caffè, filtri di thè, camomilla, ecc., foglie, fiori,erba,radici, paglia, segatura, pezzi di legno, tovaglioli, fazzoletti di carta, cotone, pezzetti di lana."


Abbiamo cominciato oggi a separare l'organico dal generico, grazie a Clara, pranzo di domenica, che ce ne ha parlato entusiasta. I cassonetti appositi del Comune sono via via venuti aumentando. Adesso ne abbiamo uno a distanza ragionevole.  Coraggio, Italia.

 NB. Adesso dovremo pensare a: vecchio aspirapolvere, vecchio telefonino, batteria auto, vecchia cinepresa fuoriuso con batterie...

Per ora riposano in cantina.

In effetti non trovi indicazioni chiare sui luoghi adibiti a discarica di metalli, motori elettrici, piccoli elettrodomestici e affini.

Pazienza, Italia.


PS. Tempo fa il comune di Firenze ha inviato a tutte le famiglie, almeno qui all'Isolotto, una confezione di lampade a basso consumo. Perché non inviare una confezione di sacchetti biodegradabili con gli avvertimenti del caso?

La confezione della foto contiene 15 sacchetti. Prezzo, al Penny di Via Palazzo dei diavoli, € 1,45.

Georges Hàbash


Un uomo migliore


Ieri, in molte chiese greco-ortodosse nel mondo, hanno commemorato Georges Hàbash, il medico (al-Hakîm) che i sionisti cacciarono da Lydda quando aveva vent'anni, fondatore del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, morto in povertà come era sempre vissuto.



Georges Hàbash aveva mille limiti; però ha sempre tenuto presente che la liberazione della Palestina non doveva essere una faccenda di accordi con i dominanti, bensì di liberazione sociale.


E si è sempre rifiutato di scendere a compromessi, restando fedele alla tesi fondante del Fronte: una democrazia laica tra il Giordano e il mare, che accogliesse tutti i popoli di quelle terre, senza discriminazioni.


Segnalato da Kelebek


 

domenica 27 gennaio 2008

Giornata della memoria (4)

Non condivido la separazione della Shoah dal contesto generale





Domenica, 27 Gennaio 2008 -    

  

INFERNO


[Canto XXVIII, nel quale tratta le qualitadi de la nona bolgia, dove l'auttore vide punire coloro che commisero scandali, e' seminatori di scisma e discordia e d'ogne altro male operare.]

Chi poria mai pur con parole sciolte

dicer del sangue e de le piaghe a pieno

ch'i' ora vidi, per narrar più volte?

Ogne lingua per certo verria meno

per lo nostro sermone e per la mente

c'hanno a tanto comprender poco seno.

S'el s'aunasse ancor tutta la gente

che già, in su la fortunata terra

di Puglia, fu del suo sangue dolente

per li Troiani e per la lunga guerra

che de l'anella fé sì alte spoglie,

come Livïo scrive, che non erra,

con quella che sentio di colpi doglie

per contastare a Ruberto Guiscardo;

e l'altra il cui ossame ancor s'accoglie

a Ceperan, là dove fu bugiardo

ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,

dove sanz' arme vinse il vecchio Alardo;

e qual forato suo membro e qual mozzo

mostrasse, d'aequar sarebbe nulla

il modo de la nona bolgia sozzo.

 

 ...questi storici non mettono in dubbio la persecuzione ebraica ad opera del regime hitleriano e tanto meno le vittime dei campi di concentramento, ne contestano solo i numeri e le modalità e, soprattutto, non condividono la separazione della Shoah dal contesto generale, come se - è quanto affermano - la tragedia della seconda guerra mondiale con i suoi 55 milioni di morti in maggior parte civili, le città rase al suolo, le bombe atomiche, i campi di prigionia, le morti per malattie, fame e stenti e i massacri a guerra finita fossero una semplice cornice al dramma ebraico.

Il sospetto che ci pervade è che dietro questa ondata repressiva, degna dei peggiori regimi oscurantisti, vi sia la paura del libero confronto, anzi il terrore che sulla base delle nuove acquisizioni derivanti, ad esempio, dall’accesso agli archivi di Stato dell’ex Unione sovietica o da recenti studi sui flussi demografici o da semplici calcoli fisici e analisi chimiche, certe verità, elevate a miti, possano essere messe in discussione e, di conseguenza, ridimensionate nella loro portata storica, confermando in ciò la tesi di George Orwell secondo cui: «chi controlla il passato, controlla il presente». (2007)

http://www.nexusedizioni.it/


Uomini e Topi

[…] «Le grida di gioia e dolore seguite al finto ritiro [dei coloni ebraici da Gaza] non erano ancora svanite, che è cominciato il vero assedio e bombardamento di Gaza.

Qualche mese di bombardamenti, la vera conquista di Gaza e l’arresto dei leader palestinesi ha completato l’immagine del grasso gatto che gioca col topo.

I nostri lettori forse ricordano che al culmine della sceneggiata sul ritiro, noi, in ‘Tanto rumore per Gaza’, invitammo tutti a diminuire le aspettative: un ritiro israeliano è sempre seguito da una spinta in avanti, come accade negli stupri.

Non vi aspettate che sia l’ultimo: un detto ebraico dice che un inglese se ne va senza dire addio, un ebreo dice addio e non se ne va.

I lettori delle mie pagine hanno avuto, come sempre, la giusta previsione: gli ebrei sono tornati.

E anche l’intermezzo è stato triste.

Israel Shamir 2006


Casentino e dintorni (estate 44)


Dopo le stragi che già nell’aprile erano state consumate contro le popolazioni civili, comprese donne e bambini, a Vallucciole (108 morti), a Partina e a Moscaio di Banzena (in totale 37 morti), il 14-15 giugno fu la volta di Chiusi della Verna dove furono uccise 10 persone, quindi saccheggiate e devastate le case. Il 20 toccò a Montemignaio, dove vennero uccisi 11 uomini; il 29 ancora a Montemignaio, in località Carbonettoli, dove nazisti e repubblichini catturarono, seviziarono e massacrarono 5 persone. Lo stesso giorno a Castel San Niccolò, in località 

Soldati alleati nel territorio di Chiusi della Verna. Cetica, vennero fucilati 13 civili, mentre una decina di partigiani moriva in combattimento.

Nei due mesi successivi la tragica sequela proseguì con l’uccisione, tra luglio e agosto, di numerosi civili a Poppi, Pieve Santo Stefano, Sansepolcro, Sestino e Montemignaio. Nel settembre, quando sembravano ormai vicine la fine della guerra e la ritirata tedesca, ancora altri eccidi insanguinarono la terra aretina più prossima alla Linea Gotica: fucilazioni e massacri si susseguirono a Sestino, Montemignaio, Pratovecchio, Badia Prataglia e Badia Tedalda. Questa striscia di sangue fu anche l’effetto del rallentamento della ritirata tedesca in provincia di Arezzo, iniziata invece con grande velocità dopo la caduta di Roma il 4 giugno. Il ripiegamento si protrasse dalla fine di giugno alla fine di settembre, primi di ottobre, e lasciò segni di morte e di tragedia dappertutto.

Continua qui 


Foto tedesche


Foto italiane



Perché la guerra è prima di tutto stupida.



Appendice di ricordi personali


E naufragar è amaro in questo mare

sabato 26 gennaio 2008

Paranal, l'isola di pietra


Leonardo Vanzi  (clicca per ingrandire)


Paranal, l'isola di pietra nel deserto di Atacama

Il capitano è un vecchio lupo di mare... o di cielo a seconda dell'occasione.

Vecchio non lo è per niente a dire la verità, testa pelata ed uno sguardo che ti inchioda. La voce profonda non lascia spazio a repliche.

Lo trovo verso il tramonto con gli occhi puntati verso l'orizzonte sulla piattaforma, alcuni la chiamano ponte, in ogni caso fa poca differenza.

Da quassù lo sguardo arriva lontano, fino al vulcano Llullallaco a più di 120 km di distanza verso la cordigliera delle Ande, oppure su in alto a migliaia di anni luce. Il mare invece è giù in basso, sotto di noi, non lo vediamo; a quest'ora è coperto dalla camanchaca, la nebbia che, sollevandosi dall'oceano, si accumula durante il giorno e sotto la quale sopravvive la poca vegetazione della costa.

Quassù invece, 2800 metri più in alto, sul Cerro Paranal, di vegetazione non se ne parla. L'unico fiore che spunta da queste parti è l'ombra della pietra! non lo dico io, lo dice Rivera-Letelier, lo scrittore della pampa. E, a proposito di ombre, quella della montagna su cui ci troviamo si allunga sul deserto e corre veloce verso le Ande insieme agli ultimi raggi del sole che colorano di rosso il paesaggio marziano.


Ci salutiamo, il direttore dell'osservatorio ed io e guardiamo il sole scomparire. E' greco, figuriamoci!, e porta il nome di un antico navigatore.

Non ci potrebbe essere combinazione più propizia, insieme alla geografia del luogo, per farci sentire su di un'isola. Niente raggio verde per stasera. La luna è una falce sottile.

Nella luce del crepuscolo cominciamo a cercare le prime stelle. La vedi quella che compare per prima proprio vicino alla luna? Si la vedo, è il pianeta Giove.

I quattro giganti sono lì accanto a noi, li conosce come le sue tasche il direttore-capitano, perché è arrivato qui prima di loro e li ha visti nascere.

Io a quell'epoca navigavo in altre acque, comunque non lontano da qui. Si chiamano Antu, Kueyen, Melipal e Yepun. I nomi in lingua Mapuche (la tuttora indomita popolazione nativa del Cile) del sole, la luna, la Croce del sud e la stella Sirio rispettivamente.

Sono i telescopi dell'European Southern Observatory, l'organizzazione europea che ha costruito in Cile l'osservatorio astronomico più grande del mondo. Ciascun telescopio è un gigantesco obiettivo di più di 8 metri di diametro attaccato ad una grande camera digitale o a uno strumento più complesso per osservare il cielo.

Pesano 400 tonnellate ciascuno e si muovono con la precisione di un orologio svizzero. Devono raccogliere gli scarsi fotoni che ci arrivano dai confini dell'universo e che portano con sé preziose informazioni: ci parlano dell'inizio del mondo, delle origini della vita.

Mi riunisco con i colleghi, non nella cabina di prua, anche se a me piacerebbe, ci vediamo invece nella sala di controllo dei telescopi. La rotta da seguire è fin troppo chiara, così come la notte del deserto. Puntiamo dritti verso alcune regioni di formazione stellare nelle Nubi di Magellano e poi di li ci muoveremo verso due galassie ad alto redshift (*), lontane milioni di anni luce. Non le raggiungeremo di persona, naturalmente, ma solo con lo sguardo grazie ai potenti telescopi.

Nella sala di controllo ronzano i computer davanti ai quali lavoriamo e attraverso i quali controlliamo gli strumenti, le osservazioni e riceviamo i dati e le immagini elettroniche. Ma un'occhiata al cielo è irrinunciabile.

Esco di nuovo nella notte, come un marinaio o un pescatore di un tempo, a scrutare il cielo. La luna nel frattempo è tramontata e mi avvolge l'oscurità.

Qui le stelle non ci provano neppure a scintillare! L'atmosfera è troppo tersa e rarefatta. La Via Lattea è una striscia luminosa su in alto, allo zenit, attraversata da macchie scure. Cerco le stelle note, nella Croce del Sud, il Centauro, il Sagittario, lo Scorpione. Mi abituo alla oscurità e vedo le montagne lontane contro il cielo stellato, l'oceano, tutto intorno buio, quasi fossi davvero un navigante in mezzo al mare. Immagini non troppo lontane affiorano dalla memoria, la "mia" Isola lontana, immersa nel Mediterraneo.

Quando il vento soffia forte da nord fischiando fra i telescopi mi vengono in mente quelle notti di maestrale in cui ti svegli per le persiane che sbattono, esci fuori e senti quel magnifico profumo di mare e di macchia mediterranea. Se piovesse sarebbe bellissimo! Anche qui quando è piovuto è stato bellissimo. Una pioggia breve ed intensa. Era fine agosto, la fine dell'inverno australe, e sono bastate quelle poche ore di pioggia a popolare il deserto di piccoli fiori rosa che hanno resistito al sole nei mesi successivi. Una cosa così succede ogni dieci anni da queste parti e non passa inosservata.

Viviamo qui, come su un'isola o su una nave. A volte non manca niente, altre tutto! Ci sono Internet ed il telefono attraverso il collegamento satellitare, eppure le notizie arrivano rarefatte ed il mondo appare lontanissimo.

E quando scende la notte a volte ti senti solo e lontano, come in mare. Allora apri la cupola e ti metti al lavoro per non pensare e per scacciare la nostalgia di casa. E' come partire nell'oscurità e buttare giù le reti. Peschiamo fotoni, ovvero la luce proveniente da mondi infinitamente lontani. Le ore passano lente fino al mattino quando andiamo a dormire, per poi ricominciare la notte successiva.

Cosi, notte dopo notte, raccogliamo piccoli pezzi di informazione che cerchiamo poi di mettere insieme per conoscere quelle stelle, quei pianeti e quelle galassie lontane. Per capire come è nato e come finirà tutto, insomma un po' per capire da dove veniamo e dove andiamo!

Dormiamo di giorno in un grande edificio sommerso, dello stesso colore della terra e che si affaccia sull'Oceano Pacifico. All'interno un rigoglioso giardino artificiale, gli uffici, la biblioteca, il cinema, la piscina. Siamo su un'isola, un'isola nel deserto.

L'acqua la facciamo venire in camion da Antofagasta, la città più vicina, con un viaggio di più di tre ore, come si faceva e forse si fa ancora sulle isole più piccole e lontane, e così tutto il resto, tranne l'elettricità che produciamo qui.

La chiamo la "mia" isola, ma non e' nel suo carattere nè nel suo stile appartenere ad alcuno. Ho solo avuto la fortuna di esserne ospite durante sempre troppo brevi soggiorni, ed è proprio come qui. Lontana, dura, a volte perfino inospitale e un po' rude, di poche ma intense parole, di pochi ma intensi attimi. E' la mia dimensione, ci sbarco e mi sento subito a casa e quando dalla nave ne vedo allontanarsi il profilo penso solo a tornare. Così, se un giorno smetterò di fare l'astronomo e lascerò questo posto, credo che potrò solo vivere là.



Il racconto lo trovi pubblicato nel periodico mensile "L'isola"


 (*) Redshift


Fenomeno riguardante le galassie ed i loro moti di allontanamento. Scoperto da E.Hubble consiste nell'effetto doppler che fa variare lo spettro delle galassie in funzione della loro velocità relativa di allontanamento rispetto al punto di osservazione.

Nota. Racconto letto oggi a tavola con Clara e Marco, i genitori di Leonardo.  Mi sono divertito con internet e l'ipertesto.

Caro Leonardo, spero di venirti a trovare  a Santiago, prima o poi.

Guarda che luna!

venerdì 25 gennaio 2008

Camilla

Camilla


 


Trent'anni o giù di lì. E' morta il 24 gennaio verso le 5 ora italiana, ore 22 in Chiapas, Messico.  Era in viaggio turistico con il suo compagno di cui non so il nome. Volata via - mentre camminava a piedi - sotto l'urto di una macchina. Morte istantanea. Io, Camilla l'ho vista sì e no una volta. Ma  è la figlia di Luisa; questa Luisa:


Careggi, cappelle del commiato: Nuove ampie lungo il Terzolle pieno d'acqua in questo Maggio "a  catinelle". L'aria è fresca, il cielo variato di nuvole e azzurro. Alla stanza n.15 c'è il corpo  senza vita di Luisa. Proprio lei: addormentata, con le piccole mani instancabili appoggiate  dolcemente ai fianchi, la bocca lievemente aperta, gli occhi chiusi, l'espressione dolce. Mi mancano  gli occhi ridenti, la voce allegra, il suo saluto. Mi mancano anche i vasetti di marmellata di ribes  colti alle Rocche, profondo Casentino, tra i castagni immensi e i frutteti rinati sotto le mani  instancabili di Marzio. sabato, maggio 08, 2004


L'ho ripescata in un mio post già vecchio di 2 anni.


 Marzio, padre e marito, è là alle Rocche, profondo Casentino, in attesa. Che cosa dire? Forse sto  perdendo l'occasione di stare zitto..Ma chi frequenta questo blog s'incontra spesso con sorella  morte. Della quale dobbiamo pur parlare. L'altro mese Stefano, infermiere più che collaudato, parlando della  mamma ultranovantenne, diceva: ma perché si deve morire soffrendo? Quando sento di un incidente con morti e feriti gravi mi viene spontaneo invidiare il morto sul colpo.

Un conto morir subito: aveva 36 anni, Antonio Schiavone, l'operaio morto nell'incendio nello stabilimento torinese della Thyssen Krupp di corso Regina Margherita.

Un conto dopo una settimana: È morto Rosario Rondinò, l'operaio di 26 anni rimasto gravemente ferito nell'incendio scoppiato all'acciaieria ThyssenKrupp di Torino e ricoverato presso il reparto grandi ustionati dell'ospedale Villa Scassi di Genova.


Sto delirando? E allora perché leggo "Non sono un assassino?" e stilo la mia biocard?


 


Ma la biocard riguarda la morte naturale del vecchio o del malato incurabile... Quella di Camilla  non lo è. E' una morte che grida vendetta. Già; ma contro chi?


Penso a un amico, Tullio, 50 anni, giornalista, ragazzo d'oro, che sta combattendo con coraggio e  dignità contro il cancro alle corde vocali, esteso al fegato...

Diceva il Manzoni: A questo mondo c'è giustizia finalmente! (Tanto è vero che un uomo sopraffatto dal dolore non sa più quel che si dica).

Lo parafraso in un altro passo: "La c'è la c'é la Provvidenza"   (Tanto è vero che un uomo sopraffatto dal dolore non sa più quel che si dica).


Non c'è provvidenza, non c'è a cui chiedere spiegazione. Destino cinico e baro? Neppure questo.  Abbandonarsi al flusso cosmico "come una docile fibra dell'Universo"? Mettiamola così. Se dio non  fosse stato accaparrato dalle religioni positive (quelle col libro sacro e il dogma inchiodato  sopra) sarebbe il momento di farci un pensiero. Potrei rivolgermi a Cristo crocifisso; ma si son  preso anche lui; riceve solo per via gerarchica, tramite l'intermediario che biascica giaculatorie e   insiste col dire che è tutta colpa del peccato, del mio peccato. O di un peccato originale  piuttosto sospetto.  Non torna. Vado con Budda? Mi metto in psicanalisi?

Rileggo Einstein:


Perchè viviamo


Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede  di averlo capito.


Qual e il senso della nostra esistenza, qual e il significato dell'esistenza di tutti gli esseri  viventi in generale?


Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi.La più bella  sensazione è il lato misterioso della vita.


Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono  spenti. L'impressione del misterioso, sia pure misto a timore, ha suscitato, tra l'altro, la  religione.


Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell'intelletto più  profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme  più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso, e  soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi.


Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e che punisce l'oggetto della sua creazione, un Dio che soprattutto esercita la sua volontà nello stesso modo con cui l'esercitiamo su noi stessi.


Non voglio e non possono figurarmi un individuo che sopravviva alla sua morte corporale: quante  anime deboli, per paura e per egoismo ridicolo, si nutrono di simili idee.


Mi basta sentire il mistero dell'eternità della vita, avere la coscienza e l'intuizione di ciò che  è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell'intelligenza che si  manifesta nella natura.


 


 ripasso  Hoyle?


 


“(..) Di proposito non me la sento di considerare Dio troppo lontano, niente a che vedere con lo  stupefacente Dio degli antichi Ebrei, e ciò perché non credo che questo concetto  sia giusto, per  quanto impressionante possa essere.  Posso spiegare la differenza tramite una vecchia storiella  spagnola. Un giorno Dio, sotto mentite spoglie , incontra un contadino che cammina lungo la strada e gli chiede “Dove stai andando?” Al che il contadino risponde “A Saragozza” dimenticando di  aggiungere la chiosa obbligatoria nel medioevo “Se Dio vuole”.  A causa di questa mancanza di  rispetto Dio trasforma il contadino in una rana e la spedisce nella pozza più vicina.  Dopo avere  osservato la rana sguazzare per un po’ Dio inverte la trasformazione e dice al contadino , una volta  ripresa la forma umana “Ed ora dove vai?” Al che il contadino risponde “ A Saragozza o nella pozza!”  Gli irosi dei del mondo antico avrebbero rispedito il contadino nella pozza. Il mio Dio per contro si sarebbe assicurato che arrivasse a   Saragozza.  Un errore di tutte le religioni fondamentaliste è che il loro Dio non ha senso dell’humour. Ciò perché le religioni fondamentaliste si mantengono per lungo tempo per mezzo di rituali che per loro natura non hanno alcun senso dell’humour.


Ma la vera questione è che Dio non è onnipotente, Dio non può eludere il male rappresentato dal  decadimento (n.d.t. termodinamico) perché la questione non è di quelle su cui si può scegliere. Se  c’è un universo c’è decadimento. Se non c’è decadimento, non c’è universo. Fate la vostra scelta.  (..)  Il fenomeno della vita è un modo estremamente intelligente per sconfiggere il decadimento, e  se si potesse trovare una soluzione anche al problema della “coscienza individuale”, avremmo una  soluzione completa. Al giorno d’oggi ci si parano davanti gli opposti estremi, rappresentati da una  visione atea e da una visione fondamentalista, e a mio parere in entrambi i casi siamo nei guai.  La  visione atea di un universo che sembra esistere senza scopo e nel contempo possiede una squisita  struttura logica a me pare ottusa, mentre le perpetue liti dei gruppi religiosi fondamentalisti sono  ancora peggio.  Nessuna delle liti religiose che ho mai visto o di cui sono venuto a conoscenza,  vale la morte di un solo bambino. Si possono concepire vari universi definiti da forme differenti di  vincoli matematici. Quello che io sospetto è che i vincoli che definiscono il nostro universo non  siano vincoli qualsiasi. I vincoli sono ottimizzati per le conseguenze che ne derivano. O, detta in  altre parole, Dio sta facendo del suo meglio, e gravarLo del concetto di onnipotenza è un grossolano  insulto, un insulto perpetrato da persone che non meritano il grande sforzo che è stato intrapreso  per loro stesso conto."


 Fred Hoyle (Scienziato astronomo inglese)


 


Nel frattempo inciampo in questi versi:


 


Nuvole scure gravano come macigni


dentro la mia testa.


Com’è intenso il dolore,


non c’è arma che possa combatterlo,


e sto lì, aspettando che passi,


deve passare, deve andare via,


tornare negli angoli più remoti dei miei pensieri,


e stare lì in silenzio,


finché il tempo da solo possa guarire le ferite,


togliere i lividi nell’anima.


Vorrei che non fosse mai successo,


ma i solchi sono sempre più profondi,


non vanno via, non vanno via,


non possono più andare via.


 


 



 E mi rifugio in Sandro Penna:

Io vivere vorrei addormentato


entro il dolce rumore della vita.


 


Che Camilla e Luisa e Giorgia e Danilo e Toni vivano con noi addormentati entro il dolce rumore  della vita.


 


Cerco Leopardi che mi presenta Plotino nel momento che sta concludendo un lungo dialogo con Porfirio:



Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme: non ricusiamo di portare quella parte che il destino  ci ha stabilita, dei mali della nostra specie. Si bene attendiamo a tenerci compagnia l'un l'altro;  e andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; per compiere nel miglior modo questa fatica della vita. La quale senza alcun fallo sarà breve. E quando la morte verrà, allora non ci dorremo: e anche in quell'ultimo tempo gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrerà il pensiero che, poi che saremo spenti, essi molte volte ci ricorderanno, e ci ameranno ancora.


 


Caro Marzio, altro dirti non so. Che tu sei un grande uomo, un grande produttore, insieme ai tuoi  amici del GAS. Che bel pomeriggio, l'estate passato, alle Lame di Ortignano, un po' di serenità ritrovata. T'abbiamo  ammirato per la forza del carattere, così tetragono ai colpi di ventura. Posso scrivere che ci hai fatto  gustare il miglior vinsanto mai sentito? Posso ricordare le marmellate di ribes more e tutti i  berries che fioriscono costì alle Rocche? Un abbraccio. Urbano.


 

Giornata della memoria (3)

 






   

  



Giornata della memoria (2)


“Porrajmos”, concerto per i Rom e i Sinti vittime del nazismo       

   

venerdì 25 gennaio 2008 


L’AQUILA - L’Orchestra Sinfonica Abruzzese e l’Alexian Group saranno in concerto domani, in occasione della giornata della memoria, quando eseguiranno in prima mondiale il concerto “Porrajmos”, in memoria dei Rom e Sinti nei campi di sterminio nazisti. Definito “Concerto per Rom e orchestra” l’evento, con musiche originali di Alexian Santino Spinelli, è stato organizzato per ricordare il “Porrajmos” dei 500 mila Rom e Sinti massacrati dai nazi-fascisti durante la Seconda Guerra Mondiale.


Il termine Porrajmos in lingua romanì significa divoramento e con esso si esprimono il dolore e l’orrore per lo sterminio dei Rom e Sinti ingiustificato e ignorato fino a pochissimi anni fa. L’Alexian Group sarà accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Abruzzese per un evento unico in cui per la prima volta la musica romanì non sarà assorbita dalla musica classica, ma al contrario l’orchestra classica si integrerà nella musica romanì. Il concerto è un percorso artistico-culturale narrato in cui vengono rievocate attraverso i suoni, le parole e i colori, le radici profonde di un popolo millenario caratterizzato dalle prismatiche sfumature e dalle intensissime emozioni. Un viaggio nell’intimità della storia e della cultura di un popolo trasnazionale. Gli interpreti con la loro formazione professionale non scadono nel becero folklore ma elevano la tradizione a un livello artistico qualitativo e suggestivo. Le musiche proposte in cui si rintracciano gli echi del passato sono quelle dell’ambito familiare che i Rom suonano per tramandarsi, per comunicare e per restare uniti. I canti sono memorie mai scritte in cui si custodiscono valori etici, filosofici e linguistici di un popolo dalle molteplici espressioni. A questo ricco mosaico culturale europeo anche i Rom originari dell’India del Nord, hanno dato il loro apporto, con colori e forme distinti. La ricchezza di ritmi, melodie e armonie della musica romanì è stata sfruttata da compositori come Liszt, Brahms, Schubert, De Falla, Granados, Turina, Ravel, Debussy, Dvorak , Musorgskij, Stravinskij, Cajkovskij, Bela Bartok e, oggi, Goran Bregovic, ma ai Rom non è mai stato riconosciuto pienamente il loro merito. L’Alexian Group tiene concerti in Italia e all’estero e partecipa a numerosissimi festival internazionali riscuotendo consensi di critica e di pubblico. L’Appuntamento è fissato per domani a L’Aquila presso il Teatro San Filippo alle ore 18,00. Orchestra Sinfonica Abruzzese - Concerto per rom e orchestra; “Alexian” Santino Spinelli (fisarmonica, voce, attore), Alexian Group, Nico Arceri (pianoforte), musiche e arrangiamenti di “Alexian” Santino Spinelli elaborate e trascritte per orchestra da Fabio Neri, Andrea Mattevi, Matthaus Crepaz, Luca D’Alonzo, direttore Fabio Neri.   

Trovata qui

 

Zingari 


La campagna Hitleriana di genocidio nei confronti dei popoli dzigani principalmente Rom e Sinti dell'Europa venne vista da molti come un'applicazione particolarmente bizzarra della scienza razziale nazista. Gli antropologi tedeschi erano disorientati dalla contraddizione che gli zingari erano discendenti degli originali invasori ariani dell'India, che tornarono poi in Europa. Ironicamente, questo li rendeva, in pratica se non in teoria, non meno ariani della stessa gente tedesca. Questo dilemma fu risolto dal Professor Hans Gunther, uno dei principali scienziati razziali, che scrisse:


 « Gli Zingari hanno effettivamente mantenuto alcuni elementi della loro origine nordica, ma essi discendono dalle classi più basse della popolazione di quella regione. Nel corso della loro migrazione, hanno assorbito il sangue delle popolazioni circostanti, diventando quindi una miscela razziale di Orientali e Asiatici occidentali con aggiunta di influssi Indiani, Centroasiatici ed Europei. » 

 
Come risultato, nonostante le misure discriminatorie, alcuni gruppi di Rom, comprese le tribù tedesche dei Sinti e dei Lalleri, vennero risparmiati dalla deportazione e dalla morte. I restanti gruppi zingari soffrirono all'incirca come gli ebrei (e in alcuni casi vennero degradati ancor più degli ebrei). Nell'Europa Orientale, gli zingari venivano deportati nei ghetti ebraici, uccisi dagli Einsatzgruppen delle SS nei loro villaggi, o deportati e gasati ad Auschwitz e Treblinka.


Trovata qui

giovedì 24 gennaio 2008

Giornata della memoria (1)

 

                                                    clicca la seconda foto



L'industria dell'Olocausto

Norman G. Finkelstein

Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei

Con un saggio inedito scritto per questa edizione

BUR, Aprile 2004, € 8,50









Io sono più efficace perché ho

una sorta di immunità. Sono 

ebreo ed i miei genitori sono 

sopravvissuti all'olocausto, per

cui, quando mi si confronta, c'e'

da vedersela brutta, poiché

 bisogna discutere sui fatti. Con 

gli altri si può dire: "sei un

anti-semita" oppure "sei un 

negazionista". Può funzionare 

con gli altri, ma con me no.

Bisogna parlare dei fatti.


Ha dei problemi con i suoi studenti filo-israeliani?


No, perché non sono anti-Israele nel grande schema delle cose. Mi preoccupo di ciò che e' giusto. Non mi definisco neanche anti-sionista perché, per me, la questione non e' il sionismo. La questione e' la giustizia. Prima di questo, ero coinvolto nella guerra in Vietnam. Se sono contro la guerra in Vietnam, sono contro ciò che Israele fa in Palestina. Provo ripugnanza per gli occupanti. Non fa alcuna differenza se essi sono ebrei o americani. Se ho qualche scrupolo - e ne ho - e' per i combattenti, il cui sangue viene versato. Sono giovani, nel fiore degli anni. Molti non vorrebbero essere dove sono, vorrebbero essere a casa. Se qualcuno deve essere sulla linea del fuoco, vorrei che fossero quei politici squallidi che li hanno mandati, oppure quegli esperti stiracchiati, freschi di palestra. Quegli accademici e giornalisti che fanno rullare i tamburi di guerra da lontano. Nondimeno, non difendo gli arroganti predatori ed i vandali conquistatori, i sottouomini senza legge che schiacciano la vita degli innocenti. Anche i soldati nazisti erano nel fiore dell'età ...


Leggi l'intervista

mercoledì 23 gennaio 2008

La madre di tutte le bandiere



Acquistata da Paola il 22 gennaio 2008 presso Il Villaggio dei Popoli, Via dei Pilastri 45/r - 50121 Firenze

Tel. 055 234 63 19

Email: bottegafirenze@villaggiodeipopoli.org

Euro 6

Aperta tutti i giorni feriali

orario: 9.00-13.00 e 16.00-19.30

(lunedì mattina chiuso
)

Sostituisce la vecchia bandiera logorata dalla guerra preventiva permanente *** dichiarata al pianeta l'11 settembre dell'anno di disgrazia 2001.


*** Il 9/11 è stato un golpe riuscito, progettato per dirottare la Casa Bianca di Bush verso la strategica “Guerra di civiltà” descritta da Samuel Huntington. I mondi arabo e islamico erano i primi obiettivi, con, a seguire, la Cina e anche la Russia, stando alla dottrina Wolfowitz. Il 9/11 rientra quindi nella tradizione degli attacchi autoinflitti o immaginari risalenti all’esplosione della USS Maine nel porto dell’Avana, nel 1898, che diede inizio alla guerra ispano-americana, e con essa all’imperialismo statunitense. Il governo segreto provò a mettere in scena una marcia fascista su Washington contro il Presidente Franklin D. Roosevelt, e provò ad assassinarlo. Tale governo ci ha portato alla Baia dei Porci, all’assassinio di Kennedy, al falso incidente del Golfo del Tonchino (in parte ammesso nelle ultime settimane dalla NSA), alla guerra del Vietnam, al tentato assassinio di Reagan, al traffico di armi e droga dell’affare Iran-Contra, al bombardamento della Serbia, all’affondamento del sommergibile russo Kursk, e alla loro impresa suprema, il 9/11, seguito dalle invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq. I presidenti statunitensi sono generalmente fantocci della rete canaglia, che rispondono ai bisogni di Wall Street e della City londinese.

lunedì 21 gennaio 2008

La prima neve

Ricorderai


 

clicca sulle foto per ingrandirle

Tre bellissime giornate. Elena le serberà nella memoria per tutti noi.

Aspetto un commento di Elena sulla foto in Flickr (fatti aiutare da babbo Guido).

Spe salvi



Firma per liberare l'Italia dai rifiuti della storia:

http://www.petitiononline.com/386864c0/petition.html


La mia firma al n. 4978.

lunedì 14 gennaio 2008

Dante, il poeta, il pensatore politico, l'uomo


Autore: Reynolds Barbara

Editore: Longanesi

Traduttore: Catania A.

Pagine: 505

Data pubblicazione: 2007 

 Prezzo: € 20,00 

 

La prima volta che vide Beatrice, ci informa il poeta nella Vita nuova, ella era «vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia» (Vita nuova, I). La fanciulla è stata identificata come la figlia di Folco Portinari, banchiere fiorentino ed esponente d'alto rango della città. Boccaccio afferma che l'incontro ebbe luogo a una festa del Primo Maggio in casa Portinari. Beatrice aveva dieci fratelli: cinque maschi e cinque femmine. Uno dei maschi, Manetto o Ricovero, entrambi più o meno coetanei di Dante, era intimo amico del poeta. Folco Portinari deteneva incarichi ufficiali, e fu eletto priore nell' agosto del 1282. Sei anni dopo fondava l'Ospedale di Santa Maria Nuova. Si narra che alla degna impresa fosse stato persuaso dalla balia di Beatrice, Monna Tessa, che, coadiuvata dalle suore dell'ordine delle oblate, si prese cura dei primi pazienti. Ancora oggi le suore dell' ordine festeggiano il 3 luglio, dì natale di Monna Tessa, nella piccola chiesa di Santa Margherita, situata tra casa Portinari e casa Alighieri, (traversa di via del Corso, ndr) dove sia Dante che Beatrice andavano a sentir messa. Sull'edificio che ospitava in origine l'ospedale si trova un'effigie di Monna Tessa e una lapide commemorativa. Folco morì il 31 dicembre 1289. Dal suo testamento, datato 15 gennaio 1288, risulta che Beatrice, cui il padre lasciava in eredità cinquanta fiorini, era sposata con Simone Bardi, membro di una importante famiglia di banchieri.

Dante non fa menzione del matrimonio.  .

Fa cenno viceversa della morte del padre di lei nella Vita nuova, ove descrive un gruppo di prefiche di ritorno da una visita di condoglianze a Beatrice, al cui dolore Dante partecipa vivamente. Erano passati molti anni dalla morte di Alighiero, ma qui l'autore sembrava rimpiangere un .legame affettivo di cui così sottolineava l'unicità: «nulla sia sì intima amistade come da buon padre a buon figliuolo e da buon figliuolo a buon padre» (Vita nuova, XXII). Fu pochi giorni dopo la morte di Portinari che il poeta si ammalò sprofondando nel delirio che tanto aveva spaventato la sorella - presumibilmente vittima di una pleurite o di una polmonite a seguito di un'infreddatura. Il vento pungente che in inverno sibila per le stradine del centro di Firenze è temibile ancora oggi.

L'immagine della fanciulla angelica lo accompagnò per tutta l'infanzia, eclissando un altro fatto importante mai menzionato dal poeta: il suo fidanzamento, all' età di dodici anni, con Gemma Donati, combinato dai rispettivi genitori. A tempo debito - secondo Boccaccio dopo la morte di Beatrice, nel 1290, ma probabilmente prima - i due si sposarono. Gemma gli portò una dote consistente e la coppia ebbe diversi figli, di cui non è dato sapere il numero esatto. Sicuramente vi furono due maschi: Iacopo, che divenne sacerdote ed ebbe solo figli illegittimi, e Pietro, che esercitò con successo la professione di giudice e si costruì una villa a Gargagnago, vicino Verona, dove ancora oggi risiedono i suoi discendenti, i Serego-Alighieri. Troviamo menzione di altri due figli, Giovanni e Gabriello, ma si tende oggi a ritenerli la prole di un omonimo di Dante. In tal caso, potevano essere forse dei cugini. Si è parlato poi di due figlie, Antonia e Beatrice, quest'ultima entrata in convento a Ravenna. Ma l'ipotesi ultimamente invalsa è che la figlia fosse una sola, Antonia, la quale avrebbe preso il velo con il nome della celebre figura amata dal padre. Con scarsi riscontri, come lui stesso ammette, Boccaccio afferma che fu un matrimonio infelice e che, per questa ragione, a differenza dei figli e di una figlia, Gemma non seguì il marito in esilio.

Comunque stiano le cose, i matrimoni venivano combinati per ragioni finanziarie o politiche e non erano certo occasione di romantiche istanze.

Quale figlio di genitori dall'insigne lignaggio, Dante fu avviato alle arti del Trivio e del Quadrivio, corso di studi che aveva i propri caposaldi in grammatica (cioè latino), logica e retorica, seguite da aritmetica, geometria, astronomia e musica. Il suo primo libro di grammatica dovette essere con ogni probabilità la diffusissima Ars Grammatica di Elio Donato, grammatico del IV secolo, la cui anima Dante colloca tra gli spiriti sapienti nel Paradiso, insolito omaggio per l'autore di un abbecedario.

I suoi progressi in latino non dovevano essere fenomenali se da adulto Dante ammetteva di aver incontrato difficoltà nella lettura di Cicerone e Boezio. Col proseguire degli studi, tuttavia, divenne un provetto lettore dei classici, in particolare di Virgilio, Ovidio, Lucano, Cicerone e del più tardo poeta Stazio; imparò anche a scrivere perfettamente il latino sia in prosa che in verso. A parte qualche parola, non conosceva viceversa il greco, cosa per altro normale in quel periodo. All'epoca Firenze era priva di università, ma Dante poté avanzare nei propri studi frequentando le scuole dei francescani di Santa Croce e dei domenicani di Santa Maria Novella. Qui insegnava il predicatore Remigio de' Girolami, che aveva studiato a Parigi avendo forse modo di ascoltarvi le lezioni aristoteliche di san Tommaso d'Aquino. Di ritorno a Firenze, aveva assunto l'incarico di docente di teologia presso la scuola domenicana. Se Dante presenziò ai suoi corsi, si profila l'affascinante ipotesi di un contatto ravvicinato tra san Tommaso e il giovane studente di filosofia e teologia. Ammirava Brunetto Latini, eminente studioso, notaio, magistrato e uomo di lettere. Quando Dante lo conobbe, aveva sessant'anni: all'incirca l'età che avrebbe avuto suo padre. Brunetto incoraggiò il giovane nei suoi studi, preannunciandogli un luminoso futuro. Dante ne redigeva un affettuoso ma dolente ritratto tra i sodomiti dell'Inferno, esprimendo pena e insieme sorpresa per la sua sorte, unitamente a profondo rispetto e gratitudine, come a un padre di cui conservava in cuore «la cara e buona imagine », riandando col ricordo alle ore in cui ne apprendeva l'arte di «come l'uom s'etterna». Dante era profondamente sensibile alla musica, e al canto in particolare, da cui pare traesse un senso di rapita beatitudine. Non risulta che suonasse qualche strumento, ma è certo possibile, anche considerato che uno dei suoi amici faceva il liutaio. Molte sue poesie furono musicate, una almeno dall' amico Casella, cantore e musicista.  Dell'imbastitura musicale di una ballata inserita nella Vita nuova si fa menzione sia nel testo poetico che nel commento in prosa.

Il componimento, come lascia intendere il nome, non era solo cantato ma anche accompagnato da una danza. Stando a Leonardo Bruni, suo biografo quattrocentesco, Dante disegnava benissimo. Di questo talento troviamo un accenno negli angeliche il poeta va disegnando« sopra certe tavolette », nella Vita nuova, attività che viene definita «la mia opera», termine che lascerebbe intendere qualcosa di più di uno scarabocchio. Può darsi che il lavoro gli fosse stato commissionato da una chiesa. In seguito Dante avrebbe disegnato angeli con le parole: particolarmente famosi i due del Purgatorio, le vesti «verdi come fogliette pur mo’ nate» sventolanti a tergo percosse dalle loro verdi ali, le chiome bionde, i volti così abbaglianti da non poterne sostenere lo sguardo.  Se era così che disegnava gli angeli, la sua « opera» doveva. essere piena di colore. Conosceva gli artisti del suo tempo e s'intendeva di materiali per dipingere. Nel Purgatorio lo vediamo sciorinare una lista di colori superati dalla vivezza dei fiori della Valle dei Re:

«Oro e argento fine, cocco e biacca, 

indaco, legno lucido, sereno,

fresco smeraldo in l' ora che si fiacca ».

Due suoi amici erano artisti: il miniaturista Oderisi da Gubbio, e Giotto che si dice avesse visto lavorare agli affreschi della cappella degli Scrovegni, a Padova. Di Dante non abbiamo autografi, ma stando a Leonardo Bruni, che poté vederne alcune lettere, il poeta aveva una grafia elegante, dalle lettere lunghe e sottili perfettamente sagomate.

Benché di statura non alta, doveva essere un tipo robusto essendo stato addestrato nel combattimento a cavallo e nell'uso della lancia, della spada. e  della mazza ferrata, discipline che richiedevano forza, abilità e anni. di esercizio. Nel 1289, a ventiquattro anni, combatté nelle prime file della cavalleria fiorentina contro i ghibellini di Arezzo nella battaglia di Campaldino. In una lettera visionata da Bruni, descriveva la battaglia e ne tracciava uno schema, affermando, pur non essendo nuovo all'uso delle armi, di aver provato all'inizio una grande paura, presto mutatasi in esultanza quando la cavalleria, sulle prime messa in rotta, riuscì a riorganizzarsi e ad attaccare, sbaragliando il nemico. Così Dante aveva menato la sua parte di colpi e di fendenti. Si è addirittura ipotizzato che potesse aver trafitto personalmente il ghibellino Buonconte da Montefeltro, la cui morte descrive con tanta intensità nel Purgatorio. Nell'Inferno ricorda la propria presenza all' assedio di Caprona, quando, qualche mese più tardi, i guelfi lucchesi e fiorentini invasero il territorio pisano conquistando ne diverse roccaforti. Leonardo Bruni si diceva dispiaciuto che, nel suo contributo biografico, Boccaccio non avesse dedicato maggior spazio al valore militare del poeta.

Uomo attivo ed energico, Dante si dilettava anche di attività sportive come la caccia, sia coi cani, che col falcone. In un sonetto muoveva rampogna a se stesso per il tempo eccessivo trascorso in tali virili occupazioni, trascurando la compagnia delle donne:

Sonar bracchetti, e cacciatori aizzare,

lepri levare, ed isgridar le genti,

di guinzagli uscir veltri correnti,

 per. belle piagge. volgere e imboccare,

 assai credo che deggia dilettare

 libero core e van d'intendimenti.

Ed io, fra gli amorosi pensamenti,

 d'uno sono schernito in tale affare;

e dicemi esto motto per usanza:

« Or ecco leggiadria di gentil core,

 per una sì selvaggia dilettanza,

lasciar le donne e lor gaia sembianza ».

 Allor, temendo non che senta Amore,

 prendo vergogna, onde mi ven pesanza.

Gradiva le compagnie triviali e gli svaghi virili. Con l'amico Forese Donati scambiò una serie di sonetti volgari e sessualmente oltraggiosi. Si trattava di un gioco letterario noto col nome di tenzone, sorta di contesa tra poeti che gareggiavano tra loro non sempre in insulti, ma. anche in ragionamenti urbani. Portati alla luce nell'Ottocento, questi sonetti destarono tale scandalo tra gli studiosi da suscitare una levata di scudi contro la loro autenticità. Accolti in seguito nel canone dantesco, sono oggi nuovamente oggetto di controversia.

Evento significativo nella giovinezza di Dante fu il suo ingresso in un cenacolo di poeti impegnati a sperimentare nuovi concetti. La  moda letteraria dell'amor cortese, coltivata dai trovatori nei centri aristocratici della Provenza, si era diffusa nell'Italia settentrionale e in Sicilia. Lo stereotipato omaggio a un' anonima dama maritata venne praticato e affinato da alcuni poeti italiani del XIII secolo, in particolare dal bolognese Guido Guinizelli, i cui versi esprimevano una nuova venerazione della bellezza e della virtù muliebri, in cui l'amore veniva considerato come un' esperienza nobilitante di cui solo un « cor gentile» poteva essere capace. Tale sublime sentimento, ben distinto dalla concupiscenza, dava origine a intense fantasticherie visionarie e oniriche, talora di sembianze quasi mistiche e prossime all'estasi religiosa. I poeti che vi si dedicavano, probabilmente con l'ausilio di qualche bevanda medicinale, erano noti come Fedeli d'Amore, che a esso professavano obbedienza come a un signore feudale o a mia qualche figura investita di autorità. A Firenze, i poeti dediti a questa forma d'arte costituivano un gruppo compiaciutamente elitario che andava incontro talora al dileggio di altri, più terragni versificatori, come toccò a Dante.

Nella speranza di entrare a far parte della nobile cerchia, circa all'età di diciassette anni cominciò a far circolare alcuni suoi sonetti, all'inizio in forma anonima. Imbaldanzito dalle prime reazioni, allargò la cerchia dei destinatari. Uno di questi componimenti ha per tema un sogno che Dante chiede ai colleghi di interpretare. Il sonetto sarebbe diventato in seguito il primo testo poetico della Vita nuova, e posto dall' autore in relazione a Beatrice, ma è possibile che le sue origini siano da ascrivere al convenzionale ambito letterario della «visione »:

A ciascun' alma presa e gentil core

 nel cui cospetto ven lo dir presente,

 in ciò che mi rescrivan suo parvente,

 salute in lor segnor, cioè Amore.

 Già eran quasi che atterzate l'ore

del tempo che onne stella n'è lucente,

 quando m'apparve Amor subitamente,

cui essenza membrar mi dà orrore.

Allegro mi sembrava Amar tenendo

meo core in mano, e ne le braccia avea

 madonna involta in un drappo dormendo.

 Poi la svegliava, e d'esto core ardendo

lei paventosa umilmente pascea:

appresso gir lo ne vedea piangendo
.


Tra le responsive vi fu quella di Dante da Maiano che, adottando un tono giocoso e sguaiato, parodiava un consulto medico consigliando al giovane omonimo di provare a schiarirsi le idee dandosi una buona lavata ai testicoli; in caso contrario, avrebbe fatto bene ad andare da un dottore con un campione di urina, beffarda allusione a una malattia venerea.

(Opera citata pag.18-23)


L'ho finito di leggere in questi giorni.  Se Wikipedia non sbaglia, Barbara Reynolds ha più di 90 anni! Ma è molto moderna e scanzonata. Nonché precisa e documentata. Ho scannerizzato due pagine per dar l'idea del suo modo di porgere.  E' un libro che si fa leggere, consigliato e profani e professionisti, semplici studenti o esperti prof., padri di famiglia e donne atte a casa. Per le badanti di lingua inglese l'edizione originale: Dante, the Poet, the Political Thinker, the Man. ed. Tauris&Co, London 2006. Avrei preferito che Longanesi avesse mantenuto il titolo originale, del quale ho fregiato il post.



(avrei preferito che avesse mantenuto: prova a farlo dire a Mike Bongiorno)

giovedì 10 gennaio 2008

End the Siege


26 gennaio 2008


In protesta contro il continuo assedio israeliano a Gaza, i gruppi di pace israeliani guidati da Gush Shalom e in coordinamento con la Campagna per la fine dell’assedio (End the Siege) hanno deciso di inviare un convoglio di aiuto e solidarietà a Gaza, sabato 26 gennaio 2008, da entrambi i lati del valico di Karni a Gaza, con la partecipazione di israeliani, palestinesi e internazionali


da Luisa Morgantini : La Campagna Palestinese per porre la fine dell'Assedio a Gaza lancia la mobilitazione per il 26 gennaio 2008

Care tutte e tutti,

qui sotto trovate l'appello lanciato dalla Campagna end the siege e da Gush Shalom per una giornata internazionale contro l'embargo a Gaza da tenersi il 26 Gennaio che è anche la giornata dei Forum Mondiali.


 In quel giorno israeliani e palestinesi cercheranno di incontrarsi dalle due parti della frontiera di Karni a Gaza. Gli israeliani porteranno un convoglio di merci. Sarebbe importante in quel giorno fare iniziative anche in Italia. Intanto inviare messaggi di solidarietà sia alla campagna di Gaza che a Gush Shalom (trovate gli indirizzi qui sotto) e poi lettere a giornali, governo italiano, ambasciata israeliana per chiedere la fine dell'embargo.                                                                                                      

A  Gaza le violazioni del diritto umanitario internazionale continuano  nell'indifferenza.


Secondo  gli ultimi   dati riportati:


-al momento l’acqua potabile non è più disponibile a Gaza e le Autorità Israeliane non consentono l’accesso né di acqua imbottigliata né di pompe idriche. Il prezzo dei filtri per l’acqua è salito da 150 a 1000 NIS (shekels)


-solo a una dozzina di prodotti base è consentito l’accesso: i tir che trasportano le merci e che giornalmente hanno accesso a Gaza sono passati dal numero di 900 a 15.


-il Governo Israeliano continua a impedire o ritardare l’accesso alle cure sanitarie, fuori dalla Striscia di Gaza, così come continua a essere negato agli studenti che hanno ottenuto una internship all’estero, di raggiungere le università straniere.


 Trovate sotto l’appello  per la giornata del 26  e  la lettera di Eyad Sarraj in occasione della visita del Presidente Bush di oggi e il comunicato stampa di diverse personalità palestinesi sempre in merito alla visita di Bush .


Vi invito ancora una volta a dare la vostra adesione all'appello (trovate riferimenti sotto), a proporre e fare iniziative per la fine dell'embargo  contro la popolazione civile palestinese. 


 Un abbraccio

Luisa Morgantini

Leggi ancora



mercoledì 9 gennaio 2008

Legge 194

Trovo una risposta nella mia esperienza di vita.


Immaginate un giovane immaturo poco più che ventenne, vissuto ed educato nell’ambiente asettico del seminario, lontano dai problemi della vita, infilato improvvisamente in un confessionale, che si trova a decidere se assolvere o condannare una donna che gli confessa di voler abortire senza recedere o di averlo già fatto senza vero pentimento. Se assolve la donna condanna se stesso perché gli hanno insegnato che non ci può essere pietà per il peccatore impenitente. Se nega l’assoluzione condanna ugualmente se stesso perché viene a trovarsi in contrasto col Gesù del Vangelo: “chi è senza peccato scagli la prima pietra, nessuno ti ha condannata, nemmeno io ti condanno”.

L'articolo di Enzo Mazzi lo trovi qui.

Ferrara

 La nuova frontiera del giornalismo



Con tutte le baggianate che dice, sempre comunque accreditate di grande intelligenza, vien da chiedersi che ne sarebbe di Giuliano Ferrara in un paese serio, cioè diverso dall'Italia. Una risposta giunge dalla Francia, dove il Molto Intelligente è stato appena condannato in appello (e dunque in via definitiva) dal Tribunal de Grande Instance di Parigi per contraffazione di opera d'ingegno e violazione del diritto d'autore ai danni di Antonio Tabucchi.

Il fatto risale all'ottobre 2003, quando Tabucchi inviò un articolo a Le Monde, ma se lo vide pubblicato, in anteprima e senz'autorizzazione, sul Foglio (un correttore di bozze del quotidiano parigino l'aveva inviato per amicizia a Ferrara, senza prevedere che questi l'avrebbe fregato e messo in pagina).

Ora Ferrara dovrà sborsare 34mila euro in tutto: 10mila di multa allo Stato francese, più 3mila per aver appellato temerariamente la condanna di primo grado; 12mila di danni a Tabucchi; 9mila per finanziare la pubblicazione della sentenza su Le Monde, Le Figaro e Libération. Naturalmente, se Ferrara avesse vinto la causa, la notizia sarebbe uscita su tutti i giornali. Invece l'ha persa, dunque silenzio di tomba. Ma l'aspetto più interessante del processo non è la sentenza. È l'incredulità dei francesi - giudici, avvocati e giornalisti - di fronte a quel che dice Ferrara. Anzi, di fronte a Ferrara tout court, che al di là del Monginevro è visto come un fenomeno da baraccone. Il suo interrogatorio in tribunale è uno spettacolo da far pagare il biglietto.

Nell'articolo rubato, Tabucchi ricordava i trascorsi di Ferrara come informatore prezzolato della Cia. Il giudice domanda all'interessato se la cosa sia vera. Ferrara risponde che sì, fu lui stesso a rivelarlo sul Foglio. Ma era una balla, che lui chiama «provocazione»: tant'è che  aggiunge  non ci sono le prove. La nuova frontiera del giornalismo da lui inaugurata - spiega - prescinde dalla verità. Figurarsi la faccia dei giudici parigini dinanzi a questo «giornalista» ed ex ministro italiano che si vanta di raccontare frottole sulla propria vita e aggiunge: trovate le prove di quel che scrivo, se ne siete capaci.

Lo condannano su due piedi. Lui ricorre in appello, eccependo fra l'altro sulla competenza territoriale del Tribunale parigino, manco fosse Previti o Berlusconi al Tribunale di Milano. Eccezione respinta con perdite. Quanto al merito, ricordano i giudici di seconda istanza, il Molto Intelligente è colpevole per definizione: «Il 4 novembre 2006 Ferrara veniva interrogato e sosteneva che in Italia è usanza giornalistica pubblicare documenti senza autorizzazione per rispondere a essi senza che la cosa comporti una contraffazione».

Dopo aver finito di ridere, i giudici ribattono che pubblicare sul Foglio un articolo destinato a Le Monde «senza il consenso dell'autore né di Le Monde costituisce a pieno titolo contraffazione» e «non è seriamente sostenibile che un delitto di contraffazione sia legittimato da una sorta di diritto di replica preventivo rispetto alla pubblicazione».

Ferrara, se voleva replicare a Tabucchi, doveva attendere che l'articolo uscisse su Le Monde. Il Tribunale aggiunge sarcastico che una diversa «eventuale usanza italiana, ammesso che esista, non si applicherebbe comunque al diritto francese». E conclude sottolineando «la piena consapevolezza che l'imputato (Ferrara, ndr) aveva del suo delitto e del cinismo con cui l'ha commesso», ergo «va dichiarato colpevole dei fatti a lui addebitati». Insomma: certi sofismi, furbate e corbellerie Ferrara li vada a raccontare agli italiani, che hanno smarrito il senso del pudore, della decenza e della vergogna.

In Francia non attaccano. Infatti, riportando la sentenza, il Nouvel Observateur descrive Ferrara come nemmeno un giornale di estrema sinistra oserebbe dipingerlo. Cioè per quello che è: «maschera della tv trash», «specializzato nella denigrazione di chi si oppone a Berlusconi» e nel «servilismo giornalistico» che gli è valso la direzione di Panorama e del Foglio, sempre «indipendente come si può essere quando l'editore è la moglie di Berlusconi».

Nessun accenno alla sua grande intelligenza. In controtendenza con la fuga dei cervelli dall'Italia, quello di Ferrara all'estero non lo nota nessuno. Non pervenuto.


di Marco Travaglio - da l'Unità  8-1-08