giovedì 24 luglio 2008

Dante in Casentino II

Presentazione al castello di Poppi - II


Video seconda scena:




durata:10'


Testi:


Così Dante esprimerà il suo stato d’animo:

 

 Veramente io sono stato legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti dal vento secco che vapora la dolorosa povertade; e sono apparito alli occhi di tanti in modo molto diverso da come forse per alcuna fama m’aveano imaginato: nel conspetto de’ quali posso aver perduto stima e considerazione come persona, in modo che ne potrebbe risentire il giudizio anche riguardo ad ogni mia opera, sì già fatta come quella che fosse a fare.

(Convivio I - 3° cap.)

 

Lettera ai duchi di Romena 1304     p.67

 

Questa lettera è stata scritta da Dante Alighieri a Oberto e Guido conti di Romena dopo la morte del loro zio conte Alessandro, per esprimere le sue condoglianze.

Il vostro zio Alessandro era il mio signore e tale rimarrà nella mia memoria finché vivrò, perché mi avevano reso suddito la sua magnificenza e la sua bontà durante lunghi anni di tormentate vicissitudini.


Io poi, oltre a tutto questo, mi scuso, come vostro suddito, di fronte alla vostra discrezione, della mia assenza alle dolorose esequie; perché sono stato impedito non da negligenza né ingratitudine, ma dalla improvvisa povertà che l’esilio mi ha procurato. Questa povertà infatti, davvero crudele persecutrice, dopo avermi privato di armi e di cavalli, mi ha ormai cacciato nell’antro della sua prigionia dove, impietosa com’è, fa di tutto per tenermi imprigionato.

 

Voce fuori campo

Tu proverai sì come sa di sale

Lo pane altrui; e come è duro calle

Lo scendere e salir per l’altrui scale.

(Par. XVII, 58-60)

Seconda voce fuori campo

…"Nessun maggior dolore

che ricordarsi del tempo felice

ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

Ma s'a conoscer la prima radice

del nostro amor tu hai cotanto affetto,

dirò come colui che piange e dice. (Inf.5, parole di Francesca da Rimini)

 

 

Dante padre della lingua italiana

Narratore

Il “De vulgari eloquentia” (1303-1305) è un trattato in latino sull’uso del volgare come lingua letteraria ed è rivolto al popolo delle arti che dal 1282 ha sostituito nel governo di Firenze i magnati della grande proprietà terriera. Dante dichiara che la lingua volgare è quella lingua che il bambino impara dalla balia, quindi una lingua naturale, a differenza della lingua latina che è lingua perfetta ma artificiale. Dante non perde  l’occasione neppure per esprimere il suo giudizio negativo sul modo di parlare dei casentinesi:

 

 

In tanta dissonanza che tutte queste varietà producono nel volgare italiano, mettiamoci sulle tracce della lingua più decorosa d’Italia, la lingua illustre; e per aprire alla nostra caccia una strada transitabile, in primo luogo buttiamo fuori dalla selva cespugli aggrovigliati e rovi. E diciamo pure che quello dei  romani - che non è neanche una lingua ma piuttosto uno squallido gergo - è il più brutto di tutti i volgari italiani Dopo costoro strappiamo via gli abitanti della Marca Anconitana, che dicono Chignamente state siate, ces fas-tu?; e assieme a loro via anche gli Spoletini. Dopo di questi estirpiamo Milanesi e  Bergamaschi.

E dopo ancora, setacciamo via Aquileiesi e Istriani, che con quel loro accento ferino pronunciano: Ces fas-tu? E assieme a questi buttiamo via tutte le parlate montanare e campagnole, come quelle dei Casentinesi e degli abitanti di Fratta, che, col loro accento aberrante da tutte le regole, suonano in modo da far a pugni col linguaggio di chi abita nel centro delle città .



Attori recitanti:


Rolando Milleri

Stefano Masetti

Urbano Cipriani



Arpa:

Antonella Natangelo.

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