sabato 20 settembre 2008

Fratelli d'Italia

Heimat


Sant'Angelo di Brolo è un comunello di quattromila abitanti nell'interno della provincia di Messina e il miglior modo di arrivarci è, o almeno era una volta, la motocicletta; e precisamente la Bianchi 125 su cui mio padre, molti anni fa, andava a raggiungere la scuola di montagna dove insegnava, con me bambino accovacciato sul serbatoio e alberi e fiori che sfilavano allegri ai margini della trazzera. Il paese, che allora era molto povero, era composto quasi esclusivamente di bambini e donne, la maggior parte degli uomini essendo a quell'epoca emigrati in Belgio, in Germania o al nord; mandavano, ogni mese, quasi tutta la paga nelle "librette" delle famiglie rimaste a casa e per questo inghiottivano molti duri bocconi dai tedeschi, dai belgi, dai "non si affitta a meridionali".


E' uno dei posti del mondo a cui voglio bene. L'ho rivisto per caso l'altro giorno, alla tivvù. Niente di straordinario, per fortuna: era solo il tiggì regionale e non era una notizia d'importanza. Pare che le autorità abbiano deciso di mettere da quelle parti un campo provvisorio per emigranti (algerini, tunisini, neri, gente sopravvissuta a stento al mare estivo e ai suoi annegamenti). E, siccome anche Sant'Angelo di Brolo ormai avrà pure lui i suoi bravi fascisti, qualcuno ha organizzato una piccola manifestazione contro gli emigranti. "Non li vogliamo qui!", "Fuori da casa nostra!", "Via gli stranieri!".


I cartelli e le grida (queste ultime non troppo forti, da razzisti alle prime armi) erano quelli regolamentari, e così pure le interviste che i giornalisti del Ministero andavano prendendo in giro. La gente, davanti al microfono, parlava con timidezza, un po' per la non-abitudine, un po' per la vecchia buona educazione montanara; ma insomma, sia pure senza gridare, diceva quel si voleva che dicesse. Solo qualcuno, fra i giovani, cercava di fare la faccia feroce, ma senza riuscirci poi tanto. Il tiggì andava, e io rivedevo la moto di mio padre, e i santangiolesi di allora, e quella povera scuola degli anni Cinquanta.


Dal blog diRiccardo Orioles

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