venerdì 22 giugno 2012

the men and the women are born free



WORLD FEDERATION RIGHT TO DIE SOCIETES
19° MEETING BIENNALE – ZURIGO
La Federazione Mondiale e Stata fondata NEL 1980 ed e costituita da 45 organizzazioni per il Diritto uno Morire provenienti da 25 PAESI. La Federazione costituisce Una Rete Internazionale per le organizzazioni Che lavorano in Sicurezza e Protezione per offrire il Diritto Agli individui di auto-determinazione Nelle Scelte di Fine Vita.
14 GIUGNO 2012
Nella sede dello Swisshotel di Zurigo si è svolto il 19° meeting biennale della WFRtDS. Il Presidente della riunione, Bernard, ha dato il benvenuto ai presenti. Altrettanto ha fatto Jerome Sobel e il Presidente della WFRtDS Ted Goodwin.
Riporto qui un estratto del verbale di Rossana Cecchi, delegata di Libera Uscita  al meeting di Zurigo.

CANDIDATURE
I candidati al Comitato Direttivo (board) si sono quindi presentati:
- Soichiro Iwao, medico, direttore della associazione RtD giapponese;
- Rodney Syme, medico australiano che dal 1976 aiuta i pazienti ad affrontare la fine vita;
- Ron Plummer, del Principato di Monaco, già Presidente RtDEurope, economista che si interessa anche dei problemi politici delle associazioni;
- Birita San Marc, infermiera svedese, convinta che la morte debba essere protetta come la nascita;
- Faye Girsh, componente uscente del board che si ricandida.

PRESENTAZIONI
- Il delegato giapponese ha citato la sua storia personale. La moglie è in Locked-in syndrome da 5 anni a seguito di un incidente stradale. Riesce a parlare attraverso il movimento delle palpebre. Parlano molto d’amore ma ogni tanto lei chiede di lasciarla morire. Malgrado che in Giappone fino a 140 anni fa morire con dignità rientrava nella cultura generale, come il vivere con dignità, oggi purtroppo non è più così.
- Aycke Smook ha ricordato che la WF è stata fondata a Melbourne nel 1982. Dieci anni dopo è stata fondata la RtDE in Olanda e ratificata nel 1994 a Londra come branca della WF. Ha accennato al ruolo che la politica può avere nella società, per cui io ho colto l’occasione per riferire la necessità, avvertita da LiberaUscita, di stringere relazioni con il Parlamento Europeo. Lui ha risposto che la RtDE ha chiesto al Parlamento europeo di essere ammessa fra le Organizzazioni Non Governative Europee (NGO). E’ quindi importante che le varie associazioni spingano sui rappresentanti del propri paesi nel Parlamento europeo affinché la richiesta RtDE venga accolta. In proposito si ricorda che LiberaUscita è stata la prima associazione ad intervenire in tal senso (v. messaggio allegato di M. Irwin - GS ).
- Richard Cotè, autore del libro “In search of gentle death” sul morire con dignità nel mondo, ha riferito di aver intervistato molte persone e varie associazioni sui problemi che hanno avuto e sulle loro vertenze giudiziarie negli USA, in Messico, in Sud America. Ha anche riferito che un americano, per morire con dignità, si è dovuto recare in Colombia, dove l’eutanasia è stata decriminalizzata nel 1997 (Non è fantastico? Anche la platea era sorpresa che un americano per la prima volta trovasse qualcosa da imparare in Sud America!). Nel 2012 in Argentina è stata approvata una legge per morire con dignità, in base alla quale si può rifiutare la terapia medica.
- Rodney Syme ha parlato sul tema “Come morire”? Secondo Rodney, l’importante è essere del tutto informati, in modo che la decisione della persona possa basarsi su una discussione razionale, nel rispetto delle sue opinioni.
La persona interessata è il miglior giudice dei suoi interessi e della sua sofferenza, perché solo così potrà avere sollievo dalla sua intensa sofferenza psicologica. Morire a casa, dire addio ai propri cari, morire con serenità, sicurezza, certezza: queste sono le cose fondamentali. La medicalizzazione del fine vita trasferisce invece la decisione finale ad altre persone. Non vi è alcun motivo per “medicalizzare” la morte, es. con iniezioni letali. In tal modo si stressa il medico, si stressa il paziente. Nel trattamento per bocca il controllo e la responsabilità è invece della persona interessata, la dignità, la serenità e il tempo sono sue scelte, soltanto la fornitura del preparato viene fatta dal medico, tutto il resto spetta al richiedente (ho avuto modo di capire che ormai molti condividono questo punto di vista. Nei Paesi dove è legale aiutare a morire, i medici cominciano a rifiutarsi, a non sentirsela più. Per questo si sta andando verso la non medicalizzazione). Michael Irwin, tesoriere, è intervenuto per rilevare che i trattamenti orali potrebbero essere assunti da altre persone. Preferisce il modello svizzero.
- Faye Girsh ha riferito che già nell’anno 1998, sul modello Final Exit Network, hanno formato 29 volontari che lavorano sul territorio. Vanno nelle case, contattano i richiedenti e danno informazioni sui trattamenti non medicalizzati. Attualmente i volontari sono più di 100. Non forniscono supporto attivo, ma solo informazioni e, quindi, non sono perseguibili. Hanno un comitato medico con più di 10 anni di esperienza, che indica loro a chi possono fornire informazioni e quali informazioni dare,
- Neil Francis, candidato a Presidente, è intervenuto con videoproiezione, nel corso della quale ha dimostrato di avere una formazione tecnica di marketing. Propone di condividere le informazioni che provengono dalle varie fonti. Sul suo sito c’è un database di libri e pubblicazioni che parlano del fine vita a cui si possono attingere i relativi abstracts (per via del diritto d’autore). Sostiene che prima di un dibattito dobbiamo informarci di quanto ha scritto il nostro “avversario” per poter controbattere le sue affermazioni avendo già presente i pro e i contro delle sue argomentazioni. In questo modo di possono mettere in evidenza le falsità o mezze verità pilotate. Vuole condividere le informazioni con tutti.
Al termine del discorso di Neil Francis, Rob Jonquière ha dato la parola ai presenti.
La sottoscritta è intervenuta a nome di Libera Uscita sostenendo che per riuscire, in Paesi come l’Italia, ad ottenere un qualche successo, si rende necessario collegarsi con altre associazioni laiche, cosa che la nostra Associazione sta facendo, e condurre insieme una lotta comune per la libertà e i diritti civili dell’essere umano. Sono stata avvicinata da diversi delegati che mi hanno manifestato il loro accordo, tra cui il palliativista belga che ha ritenuto importante il nostro suggerimento.
16 GIUGNO 2012
CONVEGNO E VISITA A EXIT SVIZZERA
E’ stato un convegno di altissimo livello, sia per i relatori presenti che per i temi in discussione. Hanno partecipato magistrati, avvocati, medici, giornalisti, etc. Erano presenti centinaia di persone. Fuori la protesta è stata minima e costituita da tre persone che facevano volantinaggio. E’ emerso chiaramente come le società come Exit in pratica fanno azione preventiva in quanto consentono da un lato alle persone di parlare dei loro disagi con qualcuno che non li giudica né li critica, dall’altro danno tranquillità alle persone che ne hanno bisogno, in quanto consentono loro di sapere che, qualora si rendesse necessario, potranno chiedere di essere aiutati a morire. C’era anche un prete fantastico che ha portato tre esempi di come la prevenzione funzioni a calmare le ansie. Solo quando proprio non si può più farne a meno si decide di morire. Interessante un intervento in cui sono state riportate le statistiche dei suicidi in Svizzera (400/anno) che evidenzia la necessità di incentivare associazioni pronte all’ascolto dei disagi del prossimo, problemi che spesso vengono tenuti dentro, alimentando paure e angosce, mentre il semplice poterne parlare liberamente allevia la tensione e l’ansia.
Hanno parlato rappresentanti della società tedesca, tra cui un magistrato, che hanno discusso la loro legge, certamente molto indietro a quella svizzera. Straordinario il magistrato che ha detto con la maggior naturalezza che per la legge tedesca il consenso va chiesto solo quando il trattamento è utile, in caso contrario non lo si considera un trattamento e pertanto non è soggetto al consenso. Tutto si basa sul consenso informato e sulla qualificazione dell’atto medico come terapia. Ciononostante i medici non applicano questa norma e continuano ad avere atteggiamenti paternalistici e a praticare l’accanimento terapeutico anche contro il consenso dei pazienti.
Devo dire che è valsa la pena un viaggio di oltre cinque ore andata e cinque ritorno perché ho respirato aria fresca, menti pulite e in buona fede, assenza di ipocrisia.
Aspettiamoci un bel po’ di gente a Roma, sono tutti entusiasti sia per la città sia perché si va in casa Vaticano. Credo che il Presidente WF verrebbe volentieri: è un grande estimatore dell’Italia.
Rossana Cecchi

Il poster che segue è stato presentato al meeting da Libera Uscita: 


venerdì 15 giugno 2012

Raus!

ordine di demolizione

COMUNICATO STAMPA

Rischio evacuazione per due villaggi palestinesi nelle colline a sud di Hebron


15 giugno 2012

At-Tuwani – Il 12 giugno il DCO (la sezione dell'esercito israeliano che si occupa dell'amministrazione civile) ha consegnato nei villaggi palestinesi di Susiya e Wadi Jehesh ordini di demolizione esecutivi che coinvolgono più di 50 strutture. Tali ordini, se applicati, comporterebbero la quasi totale cancellazione dall'area delle due comunità palestinesi interessate.

I provvedimenti emanati sono sei e si ricollegano a precedenti ordini di demolizione emessi negli anni '90 e nel 2001. Tuttavia, mentre i primi riguardavano le singole strutture, gli ordini consegnati il 12 giugno si riferiscono a sei aree abitative comprendenti case, tende, stalle, forni, magazzini e persino una clinica, un asilo e un sistema di pannelli solari, per un ammontare di più di 50 strutture. I nuclei famigliari colpiti sono 15, per un totale di 126 persone, delle quali più di 60 sono bambini, in attesa di essere sfollati.

L'esecuzione dei suddetti ordini da parte dell'esercito israeliano potrà essere eseguita da questa mattina.
Gli ultimi avvenimenti si inseriscono in una più ampia strategia che mira all'espulsione della comunità palestinese dall'area, per consentire un'ulteriore espansione degli insediamenti e degli avamposti israeliani.

La comunità palestinese di Susiya ha già subito due evacuazioni forzate; la prima nel 1986, tre anni dopo la creazione del vicino insediamento israeliano di Suseya. Il pretesto fu l'individuazione di un sito archeologico, dove ora sorge un'avamposto israeliano costituitosi nel 2002. In seguito all'evacuazione, gli abitanti della comunità palestinese si stabilirono sparsi nell'area tra l'insediamento e il sito archeologico.

La seconda nel 2001, dopo l'assassinio di un abitante dell'insediamento di Suseya, l'intera popolazione palestinese di Susiya è stata evacuata brutalmente dall'esercito israeliano. Durante l'espulsione forzata furono demolite case, grotte e proprietà; distrutti pozzi e raccolti; arrestati e picchiati molti palestinesi.
I palestinesi fecero appello alla Alta Corte di Giustizia Israeliana che, il 26 settembre del 2001, riconobbe agli abitanti di Susiya il diritto di tornare sulla loro terra e definì illegali le ripetute espulsioni. Tuttavia, la comunità palestinese continua a vivere in tende e strutture provvisorie, senza aver mai ottenuto permessi di costruzione dal DCO e ad essere vittima del controllo dell'esercito e dei frequenti attacchi da parte dei coloni israeliani.

Qualche mese fa “Regavim”, un'organizzazione israeliana che lavora a livello legale per il supporto agli insediamenti e agli avamposti israeliani in Cisgiordania ha presentato all'Alta Corte di Giustizia una petizione in cui il villaggio di Susiya viene definito un “avamposto palestinese illegale” per chiederne l'espulsione.

Operazione Colomba mantiene una presenza costante nel villaggio di At-Tuwani e nell'area delle colline a sud di Hebron dal 2004.

Foto dell'incidente

Aggiornamento: Issa Amron

PRESS RELEASE
Two Palestinian villages under evacuation risk in the South Hebron Hills

(Italian follows)

June 15th , 2012

At-Tuwani – On the 12th June the DCO (the Israeli army department that works in the civil administration) delivered new executive demolition orders to the Palestinian villages of Susiya and Wadi Jehesh, comprehensive of an area that counts more than 50 structures. These orders, once enforced, will imply almost the total cancellation of the Palestinian communities involved.

Six demolition orders have been delivered and they all follow the path of some previous ones issued during the 90ies and in 2001. Though, if the first are referred to single structure, now the 12th June orders regard six living-purpose areas, including houses, tents, stumbles, ovens, stock rooms and even a clinic, a kindergarden and a solar panel system. The family units involved are 15, for a total of 126 people, 60 of which are children, and they are all in danger of being internally displaced.

From today, the Israeli army has the right to enforce these orders. Those events are part of a wider strategy that aims to expel the Palestinian population of the area, and consequently to expand the Israeli settlements and outposts.

The Palestinian community of Susiya has already experienced two enforced evacuations; the first one in 1986, three years after the birth of the nearby Israeli settlement of Suseya. The formal excuse was the discovery of an archeological site, where, since 2002, rises an outpost. Because of that, the Palestinian community had to move in the area between the settlement and the archeological site.

The second one was in 2001, after a settler from Suseya has been murdered: the whole Palestinian village was brutally evacuated by the Israeli soldiers and houses, caves, wells and other properties were demolished. Moreover, lots of Palestinians were beaten and arrested.
The community appealed to the Israeli High Court which, on 26th September 2001, recognized its right to go back to their lands declaring illegal these constant evictions.

Despite of this, Palestinians still keep living in tents and temporary structures without any building permission given by DCO, and are still victims of the army control and settlers attacks.

Recently “Regavim”, an Israeli association that gives legal support to settlements and outposts in the West Bank, claimed the High Court and asked for the complete evacuation of Susiya as they consider it an illegal Palestinian outpost.


Operation Dove has maintained an international presence in At-Tuwani and South Hebron Hills since 2004.

Pictures of the incident: http://snipurl.com/23y4xmv


For further information:
Operation Dove, 054 99 25 773

[Note: According to the Fourth Geneva Convention, the Hague Regulations, the International Court of Justice, and several United Nations resolutions, all Israeli settlements and outposts in the Occupied Palestinian Territories are illegal. Most settlement outposts, including Havat Ma'on (Hill 833), are considered illegal also under Israeli law.]


-------




Per informazioni:
Operazione Colomba, +972 54 99 25 773

[Note: secondo la IV Convenzione di Ginevra, la II Convenzione dell'Aja, la Corte Internazionale di Giustizia e numerose risoluzioni ONU, tutti gli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati sono illegali. Gli avamposti sono considerati illegali anche secondo la legge israeliana.]
Operation Dove - Nonviolent Peace Corps

Palestine/Israel
Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII


Email: tuwani@operationdove.org
Web: www.operationdove.org
Mobile: +972 54 9925773

giovedì 14 giugno 2012

Suad Amiri

Martedi 12 giugno al Giardino dei ciliegi



Suad Amiri con Mara Baronti (responsabile del Giardino e delle ciliege offerte al picnic)

Paola ha comprato il libro di Amiri: Murad Murad, Feltrinelli, 2009.
 Da una pagina da lei indicatami copio:
Mi sono seduta con cautela sul prato verde abbondantemente innaffiato.
Non ero in vena di condividere con Mohammad le paure suscitate in me dal fatto di trovarmi in un "parco" di Israele. Venivo colta da una paura assillante ogni volta che scoprivo la vera storia che si nasconde dietro i numerosi "parchi", "riserve naturali" e "foreste" israeliani. Da principio come tanti ne ero rimasta colpita dal punto di vista ambientale, ma poi avevo scoperto con orrore che i parchi del Fondo nazionale ebraico contengono le rovine di circa ottantasei villaggi arabi rasi al suolo: il villaggio arabo di Amuka nella foresta di Biriya, Eihaneyeh nel parco di Ramat Menashe, Jimzu nella foresta di  Ben Shemen, Saraa nella foresta di Tzora, Ajur nel parco Britannia, Yalo, Emwas e Beit Nuba nel parco Canada, e via ignominiosamente dicendo.
(pag. 154)
Campo profughi di Aida (Betlemme) - Elenco di parte degli 86 villaggi distrutti nel 1948. (foto mia 2011)



Senza sapere nulla, né del tempo né del luogo, quella che Suad e un gruppo di uomini stanno facendo potrebbe sembrare un’allegra scampagnata. 
Una gita per cui bisogna alzarsi presto al mattino. 
Una specie di caccia al tesoro o un gioco di simulazione, con tratti di strada da percorrere in camioncino e poi smontare e proseguire a piedi, buttandosi a terra o nascondendosi per evitare il nemico. E, nelle pause, chiacchierare, scherzare, raccontare aneddoti, vecchi ricordi, domandarsi che ora è, quanto manca per arrivare…
Niente di tutto questo, invece. 
Ovvero, non si tratta di una scampagnata, non ci si nasconde per gioco, nel libro Murad Murad della scrittrice palestinese Suad Amiry, insegnante di architettura alla Birzeit University, vicino a Ramallah. 
Il pericolo è terribilmente serio nel viaggio da Ramallah a Petah Tikva dei giovani arabi che si espongono a questi rischi per una giornata di lavoro.

venerdì 8 giugno 2012

MONA ABU ASSI


Ospedale Meyer di Firenze


MONA ABU ASSI (nella foto con il puzzle trovato nella sala giochi)
Da Gaza a Firenze attraverso l'Egitto
per una operazione al cervello
(email mandata ai volontari che si sono iscritti per l'assistenza e la compagnia a mamma e figlia)
Venerdi mattina 8 giugno siamo stati a trovare Mona e mamma Shamira. Abbiamo conosciuto Costanza volontaria dell'Associazione "Noi per voi" con una stanza all'interno del Meyer (tel. 055 5662957), cell. di Costanza 3383492257. Avrebbe fatto venire una mediatrice culturale che parla l'arabo e si sarebbe interessata per permettere a Shamira il lavaggio dei propri panni, come da lei richiesto (momentaneo guasto della lavatrice).
Un giovane medico ci ha detto che nel pm avrebbero fatto la risonanza magnetica. Abbiamo parlato per telefono con Lucilla consigliandole di venire  nel tardo pomeriggio.
Qui mettiamo il link per alcune foto fatte da noi  (con breve video):
http://www.flickr.com/photos/stigli/tags/meyer/
Paola e Urbano

martedì 5 giugno 2012

Gentiluomini israeliani


COMUNICATO STAMPA
Raccolto palestinese bruciato durante la notte vicino all'insediamento di Suseya

3 giugno 2012
At-Tuwani – Questa mattina sono state ritrovate sette cataste di raccolto bruciate in un terreno di proprietà palestinese situato vicino all'insediamento di Suseya, tra la bypass 317 e le coltivazioni israeliane, nell'area delle colline a sud di Hebron.
Attorno alle 8.00 i volontari dell'Operazione Colomba sono stati avvisati dai palestinesi del danneggiamento. Giunti sul posto gli internazionali hanno documentato sette cumuli di raccolto dati alle fiamme nel terreno di proprietà di Jamil Awad. I palestinesi, presenti sul posto per la raccolta, hanno dichiarato di aver abbandonato il campo ieri verso le 19.00 lasciando lì le messe.
La produzione agricola è una delle principali forme di sostentamento per le comunità palestinesi dell'area.
Mentre due volontari erano presenti un colono proveniente dall'insediamento di Suseya si è avvicinato al proprietario del terreno palestinese, urlando gli ha intimato di allontanarsi ed è rientrato nell'insediamento. Il palestinese ha subito chiamato la polizia israeliana, la quale non è intervenuta.

Operazione Colomba mantiene una presenza costante nel villaggio di At-Tuwani e nell'area delle colline a sud di Hebron dal 2004.
Foto dell'incidente: http://snipurl.com/23sc5ex

Per informazioni:
Operazione Colomba, +972 54 99 25 773

[Note: secondo la IV Convenzione di Ginevra, la II Convenzione dell'Aja, la Corte Internazionale di Giustizia e numerose risoluzioni ONU, tutti gli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati sono illegali. Gli avamposti sono considerati illegali anche secondo la legge israeliana.]


--

Operation Dove - Nonviolent Peace Corps
Palestine/Israel
Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII

Email: tuwani@operationdove.org
Web: www.operationdove.org
Mobile: +972 54 9925773